C’è un sacco di gente in giro, il sabato sera nei pressi di Austurvollur. C’era una famiglia indiana, Sikh, vestita come se fosse pronta per andare a fare un giro a Oxford street. C’era un’americana che girava con le infradito, in un giorno di pioggia. Ci sono stazioni di servizio che vendono idrogeno per le macchine. Ci sono macchine che vanno a idrogeno. C’erano persone che fotografavano le cose più strane nei posti più strani. C’è un museo sperduto in mezzo al niente, lungo un fiordo profondo, che sapeva di Melville. C’era una targa in mezzo ad un fosso. C’era un tizio, è uscito di casa con la mazza da golf e la pallina in mano, l’ha piazzata sul ciglio del fiume e ha tirato verso l’altra sponda, fumando, in ciabatte, prima di rientrare a casa. C’è un museo sul ghiaccio e uno sui tessuti. C’è un bar nel soggiorno di una casa di un signore con lunghi capelli bianchi; prima ti dice di accomodarti e poi ti lascia solo perchè deve uscire a fare delle cose. C’era un tizio con stranissimi sandali che lo facevano camminare come se avesse i piedi rotti, ma per fortuna non erano rotti. Ci sono stazioni di servizio come se fossero il centro del mondo. C’era una signora seduta dentro una chiesa; aveva delle scarpe di gomma e vicino alla sedia un altro paio di ricambio, apparentemente uguali, solo di altro materiale. Era lì, sembrava, per accogliere eventuali turisti: distoglieva lo sguardo solo se interrogata. C’era un motociclista che sembrava Mad Max. C’era una cameriera uguale uguale a Priss, solo un po’ più bassa. C’era una tedesca che assumeva la posizione della gru in un parcheggio di una stazione di servizio. E la teneva. C’era un arcobaleno di 180°. C’è davvero tanta pioggia. Ci sono uccelli migratori volare in formazione, come nel film. Solo che non era un film. C’era una luce bellissima in un bar tutto di legno. C’erano famiglie che giravano in bicicletta; c’erano madri con bambini e nonna; c’erano ragazzi e ragazze da soli; c’erano coppie e doppie coppie. Ci sono città piccole e piccolissime. Ci sono paesi che sono una sola casa. C’è una strada bellissima che collega Eglistadir e Hofn. C’è il ghiaccio degli iceberg proprio a portata di mano: si può assaggiare. C’è una spiaggia di sabbia nerissima. C’era “101 Reykjavik” da vedere. E l’ho visto. C’erano le stesse persone che salivano e scendevano dagli autobus a qualche giorno di distanza. C’è un paese con una spiaggia immensa e due sole strade. C’era un corvo, molto vicino. Era enorme e zoppicava. C’era un pezzo di ossidiana che brillava sotto il sole. C’è una chiesa e un cimitero proprio vicino alla strada. C’è una città che diventa sempre più bella. C’erano due ragazzini che gestivano un bar. Da soli. C’è la zolla eurasiatica e quella nordamericana, proprio lì davanti agli occhi. Ci sono pianure sconfinate e montagne ripidissime. C’era una luce incredibile. (16 giorni passando per Reykjavik,Geysir, Godafoss, Reykir, Blonduos, Akureyri, Husavik, Hofn, Jokulsarlon, Vik, Reykjavik)