foto chromophobiae|christian n tognelaGaiole in Chianti è la città dell’Eroica. E ogni negozio espone al suo ingresso il cartellone con il programma del weekend. Maura si ferma davanti a una parrucchiera: conoscevamo già a grandi linee il programma ma adesso che, dopo ore in coda sulla Bologna-Firenze, siamo arrivati, abbiamo ritirato gli accrediti stampa e dato uno sguardo al mercatino ciclistico, decidiamo che vogliamo saperne di più. La prima cosa che notiamo? L’Eroica prenderà il via domenica 3 ottobre. Alle cinque di mattina. Ci guardiamo perplessi all’idea di doverci svegliare, come minimo, alle quattro, poi Maura sentenzia: «Se dobbiamo farla, facciamola come si deve».

Alle quattro di mattina la strada tra Panzano in Chianti e Gaiole in Chianti, una serie di curve infinite che portano in fondo alle valli e poi ancora su in cima alle colline, è vuota. Christian guida piano per rispettare i cartelli che mettono in guardia sul possibile attraversamento di animali. E di animali ne vediamo. Nel silenzio più assoluto, vicino a una rotonda incrociamo 3 caprioli che brucano in pace l’erba dello spartitraffico, poco più avanti, a bordo strada, un cinghiale che – per fortuna – decide di non attraversarci la strada e sfasciarci irrimediabilmente l’auto.

Mano a mano che ci avviciniamo a Gaiole, al posto degli animali incrociamo piccole costellazioni di ciclisti, illuminati da minuscole lucine sul caschetto, sul manubrio e sulla ruota posteriore della bici. Sono le cinque meno dieci ma qualcuno degli Eroici è già partito: sono quelli che percorreranno durante tutta la giornata 205km, il tratto più lungo della gara. Gli altri faranno 175 o 75 o ancora 38km, con partenze scaglionate dalle 7 alle 9 di mattina.

Noi vogliamo vedere chi ha scelto di alzarsi all’alba per pedalare sulle strade bianche del Chianti e, sorprendentemente, al via nel centro del paese ci sono giovani, certo, ma anche tanta gente sui cinquanta o sessant’anni, Eroici storici alla loro decima, undicesima, quattordicesima edizione che, con determinazione e un certo grado di incoscienza, ripercorrono ogni anno quelle strade.

Lo staff dell’organizzazione, impersonato da un romagnolo chiassoso della squadra Baracca di Lugo, controlla che le lucine funzionino, timbra il cartellino che testimonia i km percorsi, verifica il numero della bici e lascia andare, uno ad uno, i partecipanti: non c’è partenza comune, si va da soli e solo quando ce la si sente. E per partire bisogna sentirsela: alle cinque l’aria è ancora fredda, le strade buie e i muscoli, immaginiamo noi, congelati.

Un’ora dopo siamo in cima al colle che porta al castello di Brolio. La luce si sta facendo spazio lentamente ma le fiaccole che accompagnano l’ingresso dei ciclisti nella prima salita su strada bianca servono ancora. Noi ci mettiamo ai bordi con macchine fotografiche e videocamere e, tra i cipressi e i pini, li osserviamo passare. C’è chi pedala con il sedere saldamente piantato sulla sella e chi – di solito i più giovani – cerca di superare la salita alzandosi e pedalando come se non ci fosse domani. Ma il domani, o più che altro le nuove salite, ci sono: così al castello di Brolio, dopo la prima, molti si fermano, smontano dalla bici e riprendono fiato, guardandoci alcuni divertiti («Altro che fotografo, ci vuole un pittore per farmi il ritratto!», ci grida un toscano), altri mortificati dal senso di sconfitta che li prende dopo la prima salita.

Un’ora dopo ancora, e dopo aver perso e ritrovato i partecipanti all’Eroica, ci ritroviamo su un’altra strada bianca e un’altra salita. Chi si è iscritto alla gara pensando di ritrovarsi a fare una scampagnata, ora si sta rendendo conto che le salite – alcune al 20% di pendenza – sono spietate. Avevano ragione Edouard e la sua amica Aurélia nel mettere in guardia chi non è allenato: all’Eroica ci si va per divertirsi, certo, ma qualche muscolo nelle gambe fa molto comodo.

foto chromophobiae|christian n tognelaSu questa strada bianca a pochi passi dal centro di Pianella sfilano i 75 e i 38km. Ci piazziamo su una curva e, di fianco a noi, crolla un ragazzo sulla trentina: «Il problema è che devi usare bici d’epoca che non hanno il cambio oppure hanno pochi rapporti e come fai a fare le salite così?». Si mangia una merendina (sono assolutamente vietati spuntini “non naturali” e le tappe-ristoro sono a base di ribollita, vino e pane & nutella) e si riposa in vista della salita successiva. Mentre lui con il fiato pesante guarda gli altri sfilare, passa davanti a noi un ciclista che avrà quasi 90 anni: è arroccato sulla sua bici come se non fosse mai sceso di lì dai 70 anni in poi. Simile nei tratti a un protagonista di Appuntamento a Belleville, affronta la salita con tenacia e pazienza, mentre un suo compagno di gara – con la metà dei suoi anni sulle spalle – gli tiene saldamente una mano sul sellino, accompagnandolo chissà forse fino al traguardo.

L’eroismo dei partecipanti alla gara ciclistica più curiosa d’Italia sta tutto nella determinazione con cui affrontano salite impervie con bici che, per regolamento, devono essere state prodotte e costruite prima del 1987. Molte sono bici che hanno cent’anni, alcune sono di legno, altre arrivano dal primo dopoguerra: tutte, durante il percorso, bucheranno una gomma. La questione non è se lo faranno, ma quante volte. Ma non importa, gli Eroici portano attorcigliate attorno al petto gomme da sostituire, sopra maglie di lana che risalgono agli anni ’40 o che sono state cucite apposta per la gara. Hanno una passione per il vintage, ma è una passione sana.

Alla gara provano a partecipare anche una fila di hipster dai jeans corti con risvolti casual, tatuaggi sui polpacci e occhiali con montature in plastica nera. Li notiamo di sabato al mercatino dell’usato ma, di domenica, li diamo per dispersi, forse intimoriti da chi della bici non ha fatto uno status symbol ma una pratica di vita quotidiana.

«Io questa volta non la faccio l’Eroica, ma all’anno pedalo 11mila kilometri», ci racconta un 73enne toscano al castello di Brolio. Con lui c’è un sessantenne trentino che confessa: «Se mi fossi sentito bene sarei venuto in bici da Trento, tanto in tre giorni si fa». Spazzati via da chi la bici ce l’ha come seconda casa, gli hipster arrivano con l’ultima ondata di ciclisti e hanno facce sfigurate dal dolore e dalla fatica. Chissà se torneranno l’anno prossimo.

foto chromophobiae|christian n tognelaImpolverati dal bianco delle strade toscane, prima di rimetterci sull’autostrada per Milano ci fermiamo anche noi a uno dei ristori dell’Eroica. Riusciamo così a incrociare anche gli eroici dei 135km che arrivano nella piazza del paesino di Castelnuovo sfiancati, affamati ma visibilmente orgogliosi dell’impresa. Manca poco al traguardo (ed è quasi tutta discesa da qui in poi) e i ciclisti si siedono a terra, si lavano le mani e divorano la ribollita, prima di addormentarsi sfiniti con la testa appoggiata a un muro qualsiasi.

C’è una luce abbacinante e il blu del cielo toscano è impossibile da contenere. L’anno scorso aveva piovuto, quest’anno ci sono 30 gradi e la Toscana dà il meglio di sé. Concludiamo la nostra trasferta al traguardo, guardando, ascoltando e fotografando chi arriva. Una bottiglia di vino – Chianti, immagino – e un pacchetto di panforte per ogni partecipante. Poi, per chi vuole, doccia e relax. A noi non rimane che percorrere in auto la strada tristemente asfaltata che ci riporta a Milano con in testa l’idea che l’anno prossimo abbandoneremo le nostre macchine fotografiche e all’Eroica ritorneremo. Ma in bici.

Raramente ho assistito a un evento tanto coinvolgente nella sua semplicità: gente che urla finte telecronache in salita, che filma il percorso con telecamere montate sui caschetti, che grida consigli agli altri ciclisti e che si prende in giro prima che lo faccia qualcun altro, che si sbuccia le ginocchia e risale in sella. Che pedala per il gusto di pedalare.

(altre foto che raccontano questa storia le trovate qui)

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tutte le foto di questo articolo © chromophobiae|christian n tognela