Caccia al tesoro fotografica, così mi piace chiamare il percorso che mi ha portato a raccogliere queste immagini.

Sono partito da Milano il 25 agosto con la Holga Pinhole e qualche rullo medio formato. La mattina del 26 è alla scoperta del Museo di Storia Naturale, una caverna di tesori scoperti: il primo indizio per la nostra caccia è nella hall, per la maggior parte affollata di gente, famiglie con bambini e scolaresche; oggi è festa e soprattutto piove, tutti sono in visita agli scheletri delle balene e dei dinosauri, i fossili e le meraviglie dell’accoppiamento dei mammiferi. In questo contesto mi aggiro con Irene chiacchierando spensieratamente delle teorie dell’evoluzione, il tema centrale della discussione però verte sul film che ha lasciato un segno nella nostra vita cinefila, The Tree of Life di Terrence Malick. Siamo ancora lì che cerchiamo di capire, tra le teche dei fossili della scientific collection e gli scheletri delle balene, se ci sia un collegamento, una specie di frattale gigante che dopo lo spettacolo del big bang ci conduca dentro i nostri pensieri.

Quello che cerchiamo di capire, davanti alle balene in carne e ossa – ok soprattutto ossa – è se possiedono una religiosità, una forma di culto spirituale. Gia di per sè assomigliano a creature mitologiche, fantastiche davvero.

Sono passate quasi 24 ore dalla serata al Book Club dove hipster di ogni genere ma dall’aspetto molto simile si ritrovano e giocano e bevono, parcheggiate le loro bici fisse, ma non oggi che piove, e parecchio. Festeggiamo il compleanno di Irene e mangiamo dal piatto di nachos più elaborato che mi è capitato di incontrare; proseguiamo la serata a casa e l’incanto epico che aveva raggiunto il film di prima, la vita e l’universo che la contiene sono spazzati via dalla battuta che sostituirà il titolo del film per noi, è Phillip a dirla e noi deponiamo le armi. Mother, Father …ice-cream! parole che non ci lasciano indifferenti.

Il giorno dopo nell’East End ci fermiamo di fronte alle tappe di un percorso guidato, il nostro insider è Saverio, a cui va il grazie per la merenda a base di torta di carote e caffè americano, amaro, nel locale-rifugio (dalla pioggia, sì).

Sono passati alcuni quarti d’ora e, parlando della popolarità delle star, nel senso del debito che hanno con la gente comune, siamo finiti a pensare che Al Gore e Moby in fondo non sono così lontani dalla nostra esperienza quotidiana: li sentiamo più vicini e invece di ammirarli semplicemente possiamo confrontarci con loro. Ok, metaforicamente parlando.

Non ha ancora smesso di piovere del tutto ma il pit stop per un panino col pollo è sempre valido, vicino all’incrocio tra strade deserte, anche se uno di noi trova sempre il modo di finire il capitolo che sta leggendo, appoggiato sull’angolo del palazzo. Un romanzo avvincente presumo.

Dopo un blitz da Rough Trade e una cartolina pre-nostalgia contenente un cd con 5 minuti di rumori prelevati in città, eccoci alla piazza dove un meteorite, a quanto pare, ha colpito un’auto parcheggiata su un piedistallo (ma è un’installazione, vengo a sapere). Londra deserta, senz’auto, neanche fosse ferragosto in centro a Bologna. Serrande abbassate e cielo rosa. Selciato di sampietrini, o loro cugini. Siamo in fase organizzativa già per la giornata seguente, l’organizzazione è serrata, il piano prevede brunch da Flat White, cinema e mostra fotografica dei maestri ungheresi alla Royal Academy of Arts. È rispettato in toto, la sera siamo così cotti che pensiamo di non uscire e vedere un DVD, Dan in Real Life, poi sacco a pelo.

Dopo la pausa sono già in fregola per altri scatti e voglio fare foto a tutto quello che si muove (per modo di dire). Quando ci ritroviamo per l’appuntamento a Canary Wharf, in vista di un film da Phillip, riesco già a decifrare altri due indizi, molto interessanti. Siamo vicini alla soluzione: il fiume e i palazzi ci dicono che dobbiamo continuare, è un bel posto ma non dobbiamo fermarci. La via per arrivare è piuttosto semplice ma una serie di semafori disorientano nella loro intenzione di creare disordine nel traffico, anzichè regolarlo.

 

Da casa di Phillip c’è una vista impressionante sulla città, al di là del fiume, sotto un cielo che da nuvoloso si fa terso nel giro di breve, lasciando spazio alle stelle. Sì, da Londra si vedono le stelle, senza luna anche di più.

Abbiamo scelto il film sbagliato e ce ne accorgiamo presto, ma è così divertente guardarlo facendo schiamazzi, complice ottimo vino bianco, che non ci importa davvero di quanto drammatica sia la storia di un uomo preso in ostaggio da un pupazzo. In effetti è così sconvolgente che vediamo Il grande Lebowski per riequilibrare yin e yang.

Mentre saluto Irene e Saverio per restare a dormire qui, couchsurfer crusher, penso all’ultima volta che ho visto Contact. Così lontana che vale la pena rivederlo, propongo a Phillip e lui è entusiasta, forse ho indovinato. La mattina dopo sono in imbarazzo ma lo sveglio per uscire, lui mi ringrazia perché ha da fare, usciamo per fare colazione in un café costruito dentro una chiesa Vittoriana sconsacrata, e mentre prendo le sigarette due cani sono legati fuori ad aspettare, mi fanno un po’ pena. Guardando per terra vedo una moneta, piccolissimo taglio che sembra un penny, invece è un cent. Ammaccato. Cosa ci fa un cent sul marciapiede non lo so, e smetto di chiedermelo dopo averlo messo in tasca: raccoglierò monete straniere nei paesi stranieri che visito.

Posso tornare a casa, vedere il carnevale di Notting Hill con Saverio e la polizia impassibile e quasi compiacente che si fa fotografare in compagnia di ragazze non del tutto sobrie che fanno pose erotiche. Il clima è ottimo, non fa neanche freddo.

La sera a casa da Irene racconti e risotto, una cipolla scelta con cura prima di tornare. Ci sediamo sul divano e facciamo partire un film di formazione che per Irene è un culto fin dall’infanzia, mentre noi, io e Saverio, ignoravamo. A dire il vero solo Saverio non ignora più, io ho in agenda di proseguire la visione a casa, dal 15esimo minuto in avanti ho visto un altro film, dormendo sonoramente.

La mattina dopo si parte, caffè alla stazione internazionale e chiacchiere prima di salutarci.

È stata una caccia intensa, il tesoro lo porto in un sacchetto di piombo impenetrabile dai raggi del controllo bagagli, una parte in tasca. Il selciato che si vede nelle foto, anche se non sembra perché è in bianco e nero, è lastricato di mattonelle d’oro.

ListenCard London: i suoni di Londra

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Umberto Pettazzoni ha 32 anni e vive e lavora a Milano, vicino a San Siro. Non vede partite nè concerti ma gli piace lo stadio (da fuori). Passa la giornata tra i set di fotografi di moda, ritratti e pubblicità, che assiste quando non si dedica alla sua ricerca personale. Questo è il suo tumblr.

I dettagli precisi del tour dell’East End che ha fotografato Umberto li troverete anche sulla nostra Guida Piccola di Londra.