18 ottobre 2009 – 17ottobre 2010

Modena (Emilia-Romagna, Italia) – Chengdu (Sichuan, Cina), 13.923 km

Nell’ottobre del 2009 abbiamo deciso di uscire da casa sbattendo forte la porta per riaprirla solo dopo un anno. Siamo saliti con determinazione sopra le nostre biciclette, due mountain bike, per intraprendere un lungo viaggio verso Est.

Abbiamo percorso, ruota nella ruota, 13.923 chilometri di amore e di rabbia, di fango e di asfalto. Siamo partiti da Modena, la città dove viviamo, ed abbiamo rivolto i nostri pedali verso il sud Italia, attraversando gli Appennini. «Le avventure in bicicletta iniziano fin da subito!» aveva sentenziato un nostro amico alla partenza. E così è stato: già sul Passo delle Forche Canapine, che si affaccia sui Monti Sibillini (tra Abruzzo e Marche) siamo incappati in una violenta nevicata che ci ha costretti a un riparo di fortuna. Non ci siamo affatto scoraggiati e siamo stati ripagati dal sole e dalle miti temperature del Sud Italia. Infatti ci siamo spinti fino a toccare il tacco della nostra penisola, a Capo Santa Maria di Leuca, per poi risalire fino a Brindisi, dove ci siamo imbarcati per l’Albania. Il territorio illirico si è dimostrato avaro di pianure nonostante pedalassimo vicino alla costa; veniamo però ripagati delle nostre fatiche dalla vista di un mare incantato che già mostrava le prime isole greche. Valicato il mitico passo Logora in pieno inverno abbiamo continuato ad addentraci nelle terre del meridione balcanico arrivando, in un’alternanza di sole e temporali, fino ai piedi dell’Acropoli di Atene.

A quel punto invece di procedere in linea retta in direzione di Istanbul e la Turchia abbiamo deciso di virare le ruote delle nostri biciclette verso Creta. Sull’isola ci siamo imbattuti in una sorta di “estate a Gennaio”: caldo, bagni e nottate sotto le stelle per quasi tre settimane prima di ripartire alla volta della Turchia dove la nostra fortuna è cambiata: pioggia, freddo e neve in gran parte dell’altopiano anatolico. D’altronde era ancora febbraio e le temperature si aggiravano al di sotto dei 5 gradi. Ci siamo, però, resi subito conto di quanto grande e quanto forte batteva il cuore dei turchi. Ci veniva offerto çay (tè) in continuazione e c’era sempre qualche stufa pronta a scaldarci. Sfruttando qualche rara giornata di sole abbiamo raggiunto Ankara, la capitale della Turchia, dove con pazienza e tenacia siamo riusciti a decifrare la bizzarra burocrazia asiatica e abbiamo ottenuto gran parte dei visti che ci servivano per proseguire il viaggio. Ad Aprile siamo entrati nella parte più remota della Turchia, il Kurdistan e le cose sono nuovamente mutate rendendoci la vita difficile. A volte ci siamo trovati ad affrontare vere e proprie bande di ragazzini che ci aggredivano con innumerevoli lanci di sassi. In generale tutta la zona, a causa dell’estrema povertà e di un basso grado di alfabetizzazione, era dominata da una rabbia repressa, pronta ad esplodere. A peggiorare la situazione contribuivano anche gli innumerevoli cani randagi, i quali rappresentavano un reale pericolo. Ci siamo trovati spesso costretti ad aumentare il ritmo delle nostre pedalate rincorsi da belve enormi e feroci. Solo dopo molti chilometri e troppe fughe abbiamo trovato il coraggio di affrontare quegli animali direttamente con un bastone.

L’Iran tanto temuto si è dimostrato una favola. Un paese di incontri e scambi. Veniamo, immancabilmente, ospitati dalla popolazione locale. Gli iraniani hanno dato prova di una curiosità fuori dal comune e di una gentilezza mai arrogante. Molti ragazzi parlavano correntemente l’inglese e avevano una gran voglia di comunicare e far conoscere il loro paese e le loro idee. I problemi sono arrivati, invece, dagli agenti atmosferici: una notte malandata una tempesta di sabbia ha investito la nostra tenda, aggrappata all’unico picchetto rimasto in piedi. Anche il traffico, intenso soprattutto nei dintorni di Teheran, ci ha reso difficile la vita. Le repubbliche Centro Asiatiche (Turkmenistan, Uzbekistan, Tajikistan e Kirghizistan) si sono rivelate affascinati per la loro architettura ed incomprensibili per molte delle loro leggi ed usanze. Frontiere che si chiudevano all’improvviso, guerre civili che nascevano e scomparivano nell’arco di poche ore, uomini e donne che mostrano fieri i loro innumerevoli denti dorati. Il Turkmenistan è stato forse il paese più bizzarro che abbiamo attraversato con le sue infinite distese di sabbia, statue dorate dell’ex-presidente venerato come un Dio, costruzioni gigantesche e nessuna indicazione stradale, ma in compenso una miriade di cartelloni pubblicitari inneggianti alle meraviglie del paese. Peccato però che il turismo straniero sia quasi assente a causa delle difficoltà di ottenere un visto. In Uzbekistan abbiamo attraversato città mitiche come Bukhara e Samarcanda e abbiamo anche beneficiato della generosa ospitalità delle famiglie che ci sfamavano e ci facevano riposare all’ombra di un enorme gelso nell’aia della loro fattoria. La certezza di essere sulla via della seta è arrivata quando si siamo affacciati all’interno di umide stanze dove milioni di bachi da seta si cibavano delle foglie di gelso.

Il Tajikistan è stato senza dubbio il paese più avventuroso, con vedute della catena montagnosa del Pamir, ancora abbondantemente innevata a giugno. Abbiamo affrontato valichi a più di 4000 metri d’altitudine lungo la Pamir Highway. Luoghi intrisi di vento, polvere e sassi. Lassù le montagne spesso si allargavano lasciando spazio a deserti d’alta quota, frequentati da laghi turchesi e cristallini. Il traffico di automobili era praticamente assente, le strade, tutte sterrate, erano ridotte a un ammasso di sassi e fango, spesso interrotte da veri e propri fiumi da guadare a piedi scalzi e con la bicicletta tenuta ben stretta tra le mani per non smarrirla tra la corrente; villaggi sparsi e la presenza continua, costante del vento. La vista dei primi yak al pascolo e qualche problema burocratico ci introduceva al verde altopiano del Kirghizistan popolato da yurte (tipiche tende centro asiatiche) e da cavalieri. Infine, valicando il magnifico e selvaggio passo Irkeshtam, l’entrata nella Repubblica Popolare Cinese dalla regione Uigura dello Xinjang: una babele di uomini e culture, crocevia tra la Cina e l’Asia Centrale.

Per riprenderci dai molti giorni passati ad altezze vertiginose ci siamo fermati alcuni giorni a Kasghar, una città dai mille volti, fumosa e vivace, fortemente attaccata alle sue tradizioni musulmane, ma in territorio cinese. Un crocevia per i viaggiatori delle regioni asiatiche. Ed è proprio in questa città affascinante che si è compiuto il destino ultimo del nostro viaggio. Le difficoltà burocratiche di andare da qualsiasi altra parte ci hanno spinto ad affrontare un itinerario imprevisto. Siamo stati quindi costretti ad immergerci tra polvere e tempeste di sabbia all’interno del terribile deserto del Taklimakan, che in lingua uigura significa “ti faccio entrare, ma non uscire”. Un deserto amaro, dominato dal vento, da un caldo atroce. Oltre a questo, durante la notte, invece di riposare, siamo stati costretti a subire l’attacco di zanzare mordaci. Infine l’approdo nei territori delle ex-provincie tibetane (Qinghai, Sichuan) con passi di montagna infiniti (più di 47 in totale) e altissimi (a quote che spesso sfioravano i 5000 metri). I loro abitanti dai capelli tremendamente lunghi, che cavalcavano le moto addobbate come fossero cavalli. Monasteri e monaci ovunque; i loro abiti rossastri e dalle maniche più larghe delle braccia. Persone dai volti sorprendenti; in ogni villaggio in cui ci fermavamo o semplicemente transitavamo venivamo sommersi dall’interesse della popolazione locale, che studiava e mimava ogni nostro minimo gesto ed atteggiamento. Le biciclette erano la maggiore fonte di curiosità, ma anche noi venivamo toccati in modo compulsivo, come a sincerarsi che fossimo reali. Il Qinghai con le sue distese infinite di erba e gli accampamenti d’altura di nomadi. Yak al passeggio tra il loro grugnito sommesso. Animali enormi, nati dal mito. In Sichuan, la gente aveva abbandonato la tenda per rifugiarsi in case enormi, a più piani. Case che somigliavano a fortezze, sempre decorate con motivi fantasiosi. Una quantità incredibile di piogge torrenziali ci ha poi perseguitati fino all’arrivo al centro della Cina, tra foreste di umidità e megalopoli di cemento. Completamenti esausti abbiamo deciso di mettere la parola fine al viaggio e rientrare a casa in aereo. Per rendere meno surreale il ritorno a casa, una volta atterrati a Roma abbiamo rimontato le biciclette e pedalato fino a Modena.

Non appena ci siamo spogliati dei nostri abiti da nomadi ci siamo guardati negli occhi, smarriti.

Per superare questo momento critico Bernardo ha deciso di scrivere un romanzo di viaggio che narra le bizzare avventure a cui siamo andati incontro ed i particolari personaggi che abbiamo conosciuto lungo la strada. Marcella, invece, ha iniziato a raccontare il nostri viaggio a giro per l’Italia in festival, rassegne di viaggi, librerie e negozi di biciclette.

Breve Guida di Viaggio

Marcella e Bernardo si sono conosciuti in Irlanda nel 2005. Entrambi neolaureati alla ricerca di un qualcosa. Da allora non hanno mai più smesso di viaggiare insieme. Entrambi appassionati di montagna e bicicletta. Hanno al loro attivo diversi viaggi in mountain-bike in regioni sperdute del mondo:

  • 2005: Ravno Sarajevo (viaggio in bicicletta di 1300 km da Trieste a Bar in Montenegro passando per Sarajevo e Mostar)
  • 2006: GEA, Grande Escursione Appenninica (viaggio a piedi di 430 km da Sansepolcro a Pontremoli, attraversando l’Appennino tosco-emiliano da sud-est a nord-ovest)
  • 2007: Havash, havash (Viaggio in bicicletta di 1300 km fa Durazzo in Albania fino ad Istanbul in Turchia)
  • 2008: Transapuanica e Translagorai (due brevi viaggi a piedi di una settimana nelle Alpi Apuane e nella catena dei Lagorai nel Trentino sud-orientale).

Marcella Stermieri, nata a Modena, lavora come mediatrice sociale per la cooperativa sociale Mediando di Modena.

Bernardo Moranduzzo, nato a Firenze, vive a Modena e lavora come giardiniere e potatore di alberi nella ditta “I rampicanti”.

Il nostro viaggio è stato seguito e documentato nel nostro sito: www.dallanebbiallenuvole.net