Chi è Dudley Benson? Se dovessi definirlo senza usare la sua musica come unica definizione, direi che è la versione neozelandese di Rufus Wainwright, sia per lo stile personale, sia per la raffinatezza e la ricercatezza della sua musica, sempre attenta al paesaggio – l’Isola del Sud della Nuova Zelanda – che lo ha cresciuto e ancora lo circonda. Nato da madre maori e cresciuto cantando nel coro di Christchurch, Dudley ha debuttato nel 2008 con un disco (The Awakening) dedicato al passato e al paesaggio della regione di Canterbury, sempre in Nuova Zelanda. Un passo ancora più marcato nella ricerca di un legame tra la musica e la terra Dudley lo fa con il suo secondo album (Forest), interamente dedicato alle specie volatili native della Nuova Zelanda, a rischio d’estinzione. Cantautore, compositore e, soprattutto, kiwi fiero delle sue origini, Dudley è stato capace in una brevissima intervista di descrivere alla perfezione il legame particolare tra musica e Nuova Zelanda, un legame inscindibile tra sonorità e luoghi che rende la gran parte degli artisti neozelandesi degni di essere messi alla prova. E ascoltati. Ecco le risposte di Dudley.
NBM: Hai uno stile di scrittura molto articolato, puoi descrivermi il tuo processo creativo? Cosa ti ispira e quali sono i temi dei tuoi cd?
DB: I miei album affrontano la mia relazione con la terra (whenua, in maori) e la mia relazione con il passato.
Ogni progetto su cui lavoro è diverso sia in termini di ispirazione sia in termini di processo creativo. Ho imparato ad aprirmi e ad accettare il fatto che le regole che mi impongo di seguire un anno possono non funzionare l’anno seguente: crescere artisticamente significa lasciare che questo succeda e riuscire a sfruttarne le potenzialità.
Per esempio, ho registrato il mio primo cd The Awakening nel 2008, quando avevo 24 anni. La tematica principale di quel CD era la nostalgia per il passato e mi ero lasciato ispirare dal patrimonio storico culturale di mia madre (whakapapa) e dalla colonizzazione della Banks Peninsula, la regione dove sono cresciuto. Così, gli strumenti e gli arrangiamenti di quel disco tendevano verso influenze corali e classiche, il miglior modo che avevo trovato per raccontare quelle storie, spero. Almeno, quella era l’idea di base, e mi ci sono voluti 2 anni per registrare quel primo cd. Forest, il mio album più recente, era incentrato sui volatili nativi della Nuova Zelanda e ciò ha significato ricominciare da capo, costruire suoni freschi e vicini alla natura: Forest è un album che è nato più dalla terra che dalla mansarda di una casa, che è il luogo a cui penso quando ripenso al mio primo album, invece. Quindi in questo caso le fonti di ispirazione erano più naturali e quindi l’album è stato arrangiato solo per voce e registrato velocemente, in soli 6 mesi.
NBM: Pensi che ci sia una connessione, in generale e in particolare in Nuova Zelanda, tra la musica e l’ambiente? Qual è la tua relazione con l’ambiente che ti circonda?
DB: Sì, penso che ci sia una connessione tra la nostra whenua in Nuova Zelanda e i nostri musicisti, ma come per ogni altra cosa, si tratta di una connessione di cui sono consapevoli solo alcuni musicisti. In Aotearoa (Nuova Zelanda in maori) la tradizione musicale Maori è strettamente legata alla terra, perché la terra è ed è sempre stata fondamentale per la cultura maori, quindi c’è una forte presenza della Papatuanuku (la Terra Madre) negli strumenti tipici maori (taonga puoro). Per me, sono queste espressioni musicali indigene della nostra whenua le più intense.
La mia relazione con Papatuanuku è come una relazione con una persona: mutevole e sempre pronta a insegnarmi qualcosa di nuovo. Quando ero piccolo guardavo le colline attorno a casa mia, pascoli e foreste, e pensavo a quanto belle fossero. Ora guardo ai pascoli e ai pini con più indignazione, perché ora so che un tempo quelle terre erano coperte di arbusti nativi e c’erano stormi di uccelli che, a causa della colonizzazione, ora sono estinti. Quindi ora sono arrivato a un punto in cui vedo e reagisco a ciò che gli esseri umani hanno fatto alla nostra terra e cerco di capire come meglio posso reagire dalla mia posizione di artista.
NBM: Come hai iniziato a comporre musica e quail sono i tuoi progetti per il futuro?
DB: Ho iniziato a comporre perché amavo l’idea di poter suonare le mie canzoni. Sono cresciuto come solista in un coro scolastico molto tradizionalista, ciò significava che per anni e anni ho cantato ore al giorno. È stata un’esperienza fantastica perché mi ha cresciuto ed educato musicalmente, ma non ho mai condiviso il messaggio di quella musica e penso che già allora immaginavo come sarebbe stato bello cantare da solista e condividere i miei pensieri. Al liceo ho continuato a cantare ma ho iniziato a comporre solo una volta iscritto a un corso di composizione all’Università di Christchurch, dove sono stato forzato a fare qualcosa o sarei stato bocciato.
Il futuro? Per il futuro spero di continuare a fare quello che sto facendo. Ma meglio, immagino.
NBM: Qual è la tua relazione con la Nuova Zelanda sia da un punto di vista personale sia come artista?
DB: Se per Nuova Zelanda intendiamo la gente che la abita, la mia relazione come artista con i neozelandesi è una relazione di fascinazione nei loro confronti. Penso che la Nuova Zelanda sia, culturalmente parlando, in una posizione contemporaneamente unica e difficile, perché si dice che siamo un’unione tra colonizzatori e indigeni e perché questa “partnership” è così recente (è iniziata solo 170 anni fa circa). Questa relazione si è concretizzata in una storia e in un presente che sono e sono stati alcune volte orrendi e, altre volte, incredibili, fantastici e imprevedibili. Sono anche molto attento al tema della discriminazione e delle ingiustizie interne al nostro paese e sto cercando di occuparmene in modo che queste problematiche ricevano la giusta attenzione. Sono questi i temi che mi interessano di più in relazione alla mia terra.