
10 Sep 2012, Posted by rachele in Destinazioni, 10 Comments. Tagged basilicata, italia
La Basilicata esiste
«La Basilicata scomparirà, la annetteranno alla Puglia o alla Campania», dice Giuseppe poco prima di lasciare, alle 2 di notte, il bar di Balvano dove ogni estate si trova a bere birra e a chiacchierare con gli amici che tornano in paese per le vacanze. «O peggio, diventerà parte della Calabria», aggiunge Marianna con una battuta che scatena una risata collettiva che io, mezza milanese e mezza romagnola, non capisco. Stretta tra tre regioni più grandi, popolari e popolate, la Basilicata conta solo 600mila abitanti ed è la regione d’Italia di cui ci dimentichiamo sempre.
Qualcuno dei miei amici nati e cresciuti al nord me lo chiede ancora: «Dov’è già, la Basilicata?». Ma ‘la Basilicata esiste’, come canta Rocco Papaleo nel suo film Basilicata Coast to Coast. Dopo anni in cui il suo nome è stato associato solo a Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, di recente la Basilicata è risorta dalle ceneri delle sue colline arse dal sole per diventare ‘la nuova Toscana’, come l’ha definita il Financial Times in un articolo del 2010. La nuova ondata di attenzioni è stata merito soprattutto di Francis Ford Coppola che, oltre ad apparire in uno spot della regione, ha deciso di aprire Palazzo Margherita – un hotel da 1000 euro a notte – nel paese di Bernalda, dove suo nonno era nato. Un altro grosso aiuto è arrivato dalla creazione, nei Sassi di Matera, di alberghi diffusi che ne preservano il carattere e l’arredamento originario, facendone un’attrazione particolarmente affascinante per i turisti stranieri e lasciando che la storia e le origini umili dei Sassi, invece, si perdano.
Non sono solo i turisti stranieri a essere attratti dalla Basilicata: anche multinazionali del petrolio come Shell, Total ed Eni sono sempre più interessate alla regione, che è la più ricca d’Italia in termini di giacimenti petroliferi e la più conveniente, dal punto di vista economico, considerato che «l’ufficio tecnico del comune di Corleto Perticara aveva valutato i terreni (del centro olio di Tempa Rossa, il più grande della regione dopo quello di Viggiano) a 2,50 euro al metro quadrato, a fronte di un valore stimato di mercato di quasi 43 euro a metro quadrato. Dalla svendita la Total avrebbe conseguito un profitto superiore ai 20 milioni di euro», come scrive Pietro Dommarco nel suo Trivelle d’Italia, in cui purtroppo si scopre che Basilicata Coast to Coast è stato finanziato anche dalla Total, la stessa compagnia che ha seppellito per anni rifiuti, fanghi e detriti di perforazione del pozzo Tempa Rossa 2 a Corleto Perticara, in provincia di Potenza.
Ma mentre i turisti sono attratti dai paesaggi lunari dei Sassi di Matera e le compagnie petrolifere inviano decine di domande per il rilascio di nuovi permessi di perforazione, i giovani lucani se ne vanno al nord, come già avevano fatto i loro genitori e i loro nonni. «Molti dei miei amici non vivono più qui. Mia sorella vive a Napoli, Marianna a Rimini e Pietro a Milano, come me», mi dice Giulia, mentre attraversiamo in auto la parte settentrionale della regione, quella più collinare. Ogni anno dai 1500 ai 2000 giovani lucani lasciano la Basilicata.
Chi rimane fatica a trovare gli spazi, le opportunità e le risorse per sopravvivere, figuriamoci per promuovere la regione come la nuova destinazione turistica italiana. Il che è un peccato, perché la Basilicata è ricca di storia, ha una grande varietà paesaggistica e un’altrettanto grande varietà di prodotti tipici, come dimostra la canzone Fiore di Lucania, che elenca in dialetto tutte le sue specialità, dal Caciocavallo Podolico al peperone di Senise. Mi fa conoscere questa canzone l’allevatore Mario Passanante, che ama cantare tanto quanto ama prendersi cura delle sue podoliche sulle montagne dietro Balvano. Dopo aver posato a terra la sua chitarra, mi offre una fetta del caciocavallo podolico che ha fatto la sera prima, un formaggio così prezioso da essere riconosciuto come presidio Slow Food. E di presidi Slow Food ce ne sono 3 in Basilicata: oltre al Caciocavallo, anche le olive infornate di Ferrandina e il pezzente delle montagne di Matera, che assaggio accompagnato da un sugo di pomodori e da un piatto di cavatelli eccezionali, fatti in casa dalla mamma di Giulia.
Un’altra rarità è la Polvere d’Ippocrasso, un vino speziato inventato dal medico greco Ippocrate che è stato meticolosamente ricreato da Walter Tesoriere, che lo produce nel suo agriturismo Parco Verde, rimanendo fedele alla ricetta ritrovata nel museo di Grumento Nova e risalente a Federico II. Cannella, miele, zenzero, pepe nero e galanga secca aggiunti a un blend di Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e Aglianico creano la Polvere d’Ippocrasso, un vino dolce e dal retrogusto di zenzero che si serve con formaggi stagionati, marmellate, dolci, cioccolato o addirittura anche con la birra. Sfortunatamente, non concludiamo il pranzo a casa di Giulia con la Polvere, che ci ripromettiamo di comprare prima di tornare al grigio di Milano e ai suoi infiniti inverni.
Dopo pranzo camminiamo fino al fiume Platano, che separa la Basilicata dalla Calabria, e finiamo nel suo letto completamente prosciugato dal caldo, circondati da montagne dove si dice che i briganti nascondessero tesori. Ancora legati al loro passato di brigantaggio, i lucani si tramandano leggende e qualche volta finiscono con l’avventurarsi in improvvisate cacce al tesoro, che non sempre finiscono bene. Il lato più affascinante della regione si trova qui: tra caverne abbandonate, calanchi e boschi profumati di origano selvatico, dove storie di banditi, draghi e streghe si mescolano con un passato rurale di gente dalle origini umili. Anche i ‘gioielli’ della Basilicata – i borghi di Acerenza, Pietrapertosa e Venosa – conservano un’atmosfera umile: i bambini giocano a calcio nelle piazze delle chiese e le vecchie signore passano le serate affacciate ai balconi o sedute su sedie vecchie quanto loro, ascoltando conversazioni altrui e dando, quando capita, indicazioni non richieste ai turisti, persi tra dedali di viuzze e in cerca della loro auto, parcheggiata chissà dove.
È l’auto che vi accompagnerà in Basilicata, se deciderete di venire fin qui. O quella, o i vostri piedi. Se Cristo si è fermato ad Eboli, i treni principali si fermano a Potenza e i convogli locali collegano solo alcuni dei paesi che vale la pena visitare. Gli autobus regionali e locali sono per lo più utilizzati dagli studenti durante l’anno scolastico e d’estate il numero di corse diminuisce. Così, rimane la possibilità di noleggiare un’auto a Potenza, come ho fatto io. O, con più tempo a disposizione, di pedalare o camminare. Lo svantaggio dell’essere scarsamente popolata trasforma la Basilicata in un semi-paradiso per ciclisti e camminatori.
Se non ve la sentite di organizzare da soli un viaggio a piedi (come ha fatto il nostro Jacopo assieme a qualche amico questa estate), agenzie di viaggi come Viaggi Solidali e Il Vagabondo organizzano itinerari dai 2 agli 11 giorni, mentre la Cooperativa Ripenia offre la possibilità di ripercorrere i sentieri della transumanza accompagnando i greggi al pascolo in un itinerario di 2 giorni sul Monte Raparo. Il vantaggio dell’organizzare un viaggio a piedi da soli è che potrete seguire le rotaie abbandonate della linea ferroviaria Potenza-Laurenzana, in disuso, o arrampicarvi fino al paese fantasma di Craco, evacuato nel 1963 a causa dei terremoti e degli smottamenti che lo stavano facendo lentamente scivolare giù dalla montagna. Il paese al momento è chiuso al pubblico ma il comune (ora situato a Craco Peschiera) organizza tour guidati lungo la strada principale, la più esterna e la più sicura. Fermarsi qui per curiosare tra le rovine di un borgo abbandonato in fretta e furia vale la scarpinata: circondato da colline bruciate dal sole e immerso nel silenzio più assoluto, Craco è una di quelle visioni che vi farà pensare che la Basilicata potrebbe scomparire da un momento all’altro.
Ma la Basilicata non scomparirà. Al massimo, si nasconderà temporaneamente nel buio delle sue montagne, per godersi la luce delle stelle o il profumo dei suoi boschi, proprio come fa la piccola casa che vedo una sera dal belvedere di Balvano. Unica sulla dorsale di una montagna, la illumina con una luce flebile e ostinata. Ma, verso le dieci di sera, i proprietari vanno a letto e spengono le luci, lasciando che il buio avvolga sia la casa sia la montagna. I miei occhi all’inizio non riescono a distinguere la montagna dal cielo ma, dopo qualche minuto, si abituano e iniziano a distinguere il profilo del crinale. La montagna è sempre lì, con la luce e con il buio. Proprio come la Basilicata.
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