Abbiamo lasciato Francesco che pedalava in Turchia, dopo aver lasciato Istanbul. Ha attraversato il Kurdistan, ha scalato le montagne in mezzo alla neve e ora è pronto ad affrontare l’Iran. Il nuovo capitolo del viaggio partito da Trieste, pedalando verso oriente.

Mi piace iniziare le lunghe salite, quelle che prendono quattro/cinque ore,  al mattino, quindi di solito individuo dove iniziano e cerco di passare la  notte lì. Da Baykan, villaggio in cui inizia la lunga salita che porta al  lago di Van e dove dunque passavo la notte, potevo vedere in lontananza le  montagne innevate che sapevo mi avrebbero tenuto compagnia per la settimana successiva. Ed effettivamente dopo una lunga giornata passata a salire lungo uno strada che corre lungo un fiume in mezzo a cascate, montagne e  gole (e non poche basi militari) sono arrivato a Tatvan, dove la neve è riapparsa, questa volta accompagnata dalla bellissima vista del lago al tramonto. Il primo giorno l’ho in realtà passato in una stazione di servizio ad aspettare che smettesse di nevicare, avevo iniziato a pedalare sotto la neve, dalla stazione di servizio mi hanno letteralmente rincorso e dopo aver saputo che ero italiano mi han portato un foglietto con scritto ‘sta  per avere un branco di lupi’. E mi hanno invitato a passare la notte lì. Il  giorno successivo ho indossato passamontagna e maschera da sci ho iniziato  a pedalare lungo il lago, diretto verso Yuksekova ed il confine iraniano.  Ed i giorni seguenti hanno rappresentato la perfetta conclusione di questi  due mesi passati a pedalare in Turchia: paesaggi splendidi e montagne  innevate, con un cielo limpidissimo ed un sacco di sole, ma anche freddo,  molto freddo. In fondo se ci ripenso adesso son state giornate abbastanza simili tra loro  con partenza presto al mattino e lunghe pedalate in modo da esser sicuro di  arrivare in un villaggio prima di sera, con il sole che tramontava alle 5, e già un paio d’ore prima del tramonto la temperatura  si abbassava sensibilmente, si deve aggiungere uno strato ai vestiti che si indossano e l’acqua nelle borracce inizia lentamente a ghiacciare; avevo rinunciato in partenza a fare campeggio libero, la neve, l’opprimente presenza militare, condita da elicotteri che volavano a bassa quota e i continui avvertimenti riguardo la presenza di lupi (avvertimenti a cui non credevo troppo, ma quando ho visto scendere dalle montagne, in mezzo al nulla, una mandria di cani per un attimo ho temuto che fossero lupi) mi avevano convinto a passare la notte in villaggi e, dove non c’erano alberghi, le offerte di ospitalitá non sono mai mancate, ho trascorso solo una notte in tenda, nella stazione di servizio vicino ad un villaggio, notte in cui la temperatura è scesa sotto i – 15 gradi. E poi montagne e tanta salita, con un passo a 2700 metri che mi era stato definito come notevole e non ha tradito le attese.Se si passa a Sud del lago di Van, il lago non lo si costeggia troppo spesso, giusto un paio di volte: la prima, poco dopo Tatvan, era appena spuntato il sole e in cima ad una salita è spuntato uno spicchio di un blu intenso in mezzo al mare bianco della neve, la seconda all’altezza dell’isola di Akdamar, che purtroppo non sono riuscito a visitare. E quando il lago finisce una stradina ti porta in un’altra valle, ci si lascia dietro una serie di montagne e davanti si vedono quelle da scalare nei prossimi giorni. Queste son le montagne della provincia di Hakkari, tristemente famosa per i continui scontri tra militari e ribelli del PKK, gli ultimi risalgono all’estate scorsa , zona semi-militarizzata, con un posto di blocco dove mi son state cancellate alcune foto dai militari perchè “le montagne sono un obiettivo sensibile”. Entrando a Baskale, paesino a 2300 metri di altitudine, dove al mattino vedendo la piazza illuminata dal sole ho capito che l’inverno era oramai finito, si trova una immensa base militare con le postazioni di guardia occupate da militari e da cui spunta un mitra diretto verso la strada, a Yuksekova, ultima città prima del confine,  mi è stato controllato il passaporto da militari in borghese, scesi da una camionetta simile a questa, mentre camminavo alle dieci di sera per la strada principale della città, mal illuminata e piena di buche, cercando un posto dove comprare una birra celebrativa (ed anche l’ultima, prima dei due mesi di forzata astinenza in Iran); i militari sono onnipresenti e ci tengono a far sentire la loro presenza. Dopo Yuksekova c’è un’ultima breve salita, un breve tunnel in cima e poi la strada inizia a scendere, la neve scompare e spunta l’ultimo villaggio turco, Esendere, dove mi è stato offerto l’ultimo çay turco, insieme ad un invito per passare lì la notte, invito rifiutato perchè il confine è vicino e l’Iran mi aspetta.

Francesco Alaimo, 24 anni, originario di Bologna. Ho vissuto un po’ in Australia, un po’ a Trieste, un po’ a Monaco e un po’ nel grigio Leiceistershire inglese. Sono appassionato soprattutto di bici e letteratura americana. Ho trascorso l’ultimo anno a preparare panini da Burger King e a laurearmi in fisica teorica. Poi, a Novembre, ho preso la mia bici e ho iniziato a pedalare verso Est.