Mi sveglio nel cuore della notte. Apro gli occhi e guardo in direzione della finestra, che non ha scuri nè tapparelle, ma solo una tenda moderatamente spessa, di colore arancione. Quello che attira la mia attenzione è un bagliore che si vede a intervalli regolari. Mi alzo e mi avvicino e vedo il fascio del Phare du Créac’h. Potente, preciso e rassicurante come poche cose al mondo. Sembra quasi che possa far rumore mentre le particelle luminose tagliano il buio così fitto e intenso di queste parti. Guardiamo fuori per alcuni minuti, così come la sera dopo decidiamo di uscire e di andargli incontro, nel buio più totale per vederlo un po’ più da vicino. Noi e molti altri con la stessa idea, richiamati come fossimo navi alla deriva, ci incrociamo per le strade sempre più buie.
La giornata era trascorsa camminando lungo la costa di quello che viene chiamato Itinerario 2 (in totale ce ne sono 4), un percorso che si snoda lungo il promontorio più meridionale della Baia di Lampaul. Superate la Plage de Corz e la Plage du Prat si arriva a Porz Coret da cui si può vedere il profilo de La Grande Roche e del Phare de la Jument, probabilmente uno dei fari più famosi al mondo. La bruma che ci ha accompagnato per gran parte del tempo piano piano si alza e ci permette di vedere davvero. Sappiamo che davanti a noi non c’è più nulla, da quel punto in poi la prima terra ferma è la costa degli Stati Uniti o del Canada. L’Oceano Atlantico, in tutta la sua maestosità e potenza, riesce a mettere i brividi.
Si camminerà molto in questi giorni. Non sarà nulla di impegnativo, perchè i sentieri sono ben segnati e pianeggianti, ma saranno lunghe passeggiate in cui riusciremo a stupirci continuamente. Il profilo di un faro, l’ennesimo, le antiche torrette che servivano a tenere in piedi la teleferica per raggiungerlo. La vecchia stazione radio, un forte napoleonico. E poi semplicemente la costa, le pareti rocciose che emergono dall’acqua modellate dal mare e dal vento. Sì, poi il vento, la forza del vento, il rumore del vento, il suono del vento. Il paesaggio a Ouessant cambia rapidissimamente. Il vento soffia e sposta le nuvole, portando pioggia, portando schiarite, tempeste. Cambia la luce, cambia il modo di vedere e percepire. Il colore dell’erba che diventa di un verde acceso, quando pochi minuti prima era quasi grigio, spento.
La Pointe de Pern, il punto più occidentale, la propaggine estrema, il vero significato della regione in cui ci troviamo, Finistere, ossia Finis Terrae, la fine del mondo. Si presenta così ai nostri occhi, il giorno dopo. La fine del mondo. L’oceano non smette un secondo di ruggire contro le rocce, il vento ulula imperterrito. Schizzi carichi di salsedine vengono trascinati sulla scogliera, gocce di pioggia cadono da nubi sempre più scure. Ci fermiamo a guardare l’orizzonte per qualche minuto. Si vedono le creste delle onde, scurissime, muoversi incessantemente. Qualche sbuffo bianco, schiumoso, ogni tanto interrompe la superficie blu petrolio. Là fuori, in questo momento, c’è sicuramente qualcuno e mi chiedo come se la stia passando.
Abbiamo camminato praticamente tutto il giorno anche oggi, ma non ci resta ancora molto prima del nostro ritorno. Così decidiamo di fare un’altra uscita, breve quasi serale, in attesa del tramonto. Saliamo verso la costa settentrionale, verso la Baie de Calgrac’h. Proprio di fronte alla baia si trova l’Ile de Keller. Poco più di uno scoglio, a picco sul mare, un’unica costruzione abitata solo d’estate – l’isola è privata, scopriremo poi – dai proprietari. Ci sediamo a guardare, ancora una volta.
In pratica non abbiamo fatto altro, in questi giorni. Abbiamo solo camminato e guardato, riempito i nostri occhi come non facevamo da troppo tempo. Non è successo nulla eppure sembra che sia successo tutto. Poco prima di partire riusciamo a scambiare due parole con John, il nostro ospite, e ci conferma quella che per noi è stata una specie di rivelazione. Ouessant è un posto piccolo, ma esercita una forza notevole. Quando sei qui sei al centro del mondo, tutto il resto non conta.
Note Pratiche.
Dopo circa 3 ore di navigazione si arriva a Ouessant. Il traghetto parte da Brest al mattino presto. Niente macchine nè moto o motorini, nessuna roulotte o camper. All’isola si accede solo a piedi. Un volantino dice che è possibile noleggiare una bicicletta non appena sbarcati. In molti faranno questa scelta, per pentirsene amaramente alla prima salita, costretti a scendere e spingere controvento. Per cui il primo consiglio é: camminare. La superficie dell’isola, 15 kmq circa, permette tranquillamente di spostarsi a piedi, specie se si è in vacanza. Il traghetto attracca sulla costa orientale, una navetta ci porta all’unico vero paese Lampaul, posto sul lato opposto alla fine di una profonda insenatura. Ci siamo sistemati in un appartamento che abbiamo affittato da Mr. John Moran, un irlandese trapiantato qui da più di trent’anni. Il posto è davvero molto ben tenuto e la vista sulla baia è magnifica a qualsiasi ora.