“Un piacevole soggiorno nel futuro” recita il sottotitolo del documentario di Davide Maffei, Villaggio Eni presentato quest’anno nella sezione Terre Alte. Vedendo il documentario verrebbe da aggiungere nel futuro che fu, perchè è evidente che la visione che emerge dal progetto di Gellner e Mattei è una visione che non si è di certo avverata. Ma facciamo un passo indietro. Davide Maffei tramite interviste, materiali di archivio e filmati dell’epoca ricostruisce la storia di questo villaggio per le vacanze fortemente voluto da Mattei per i dipendenti dell’ENI, che fossero operai o dirigenti, senza alcuna distinzione. È la storia di un rapporto amore-odio tra un committente molto potente e facoltoso con un’idea del futuro ben precisa e un architetto tutt’altro che disposto a piegarsi ai desideri della committenza per quanto illuminata. Una miscela dalle premesse esplosive che ha invece regalato uno degli interventi che passano dalla grande alla piccola scala più riusciti di sempre. È la storia di una visione della società che di lì a poco si sarebbe sgretolata ed è la storia di un architetto che ha avuto, anche se per un periodo limitato, la fortuna e la possibilità di affrontare un progettazione totale che passava dall’urbanistica allo studio puntuale dell’arredo. Gellner e Mattei si presero la responsabilità e ebbero il coraggio di attuare un intervento su larga scala modificando il paesaggio, modificandolo in meglio. Restituendo ad una parte della montagna che era rimasta brulla e arida, una sua caretterizzazione, modellandola e valorizzandola. Nelle interviste di chi ha frequentato il villaggio si può ancora rivivere la gioia di aver vissuto quell’esperienza di vacanza. I bambini di allora, visti nei filmati dell’epoca, intervistati oggi da uomini danno un testimonianza concreta e vissuta di quell’esperienza trasmettando allo spettatore una sincera nostalgia, anche per oggetti apparentemente banali come degli sgabelli che però, progettati da Gellner, si trasformavano in giochi da condividere. Nulla era lasciato al caso. Anche i filmati all’interno delle case mostrano una cura per il dettaglio tipica dei grandi architetti. La testiera del letto, la posizione delle finestre per chi dormiva nel letto a castello, l’assenza di scale e la costante presenza di rampe. Dettagli che emergono ancora a distanza di molti anni. Una storia nella storia la progettazione della chiesa con Carlo Scarpa. La rivalità tra un grande e affermato maestro e un solido professionista che non voleva cedere dal proprio ruolo di progettista totale che era riuscito a conquistarsi. Il film si chiude con una sequenza molto suggestiva degli spazi come sono ora, alcuni ben tenuti altri molto più rovinati che andrebbero tutelati, invece, in maniera tempestiva. La qualità del documentario si riconosce anche nella scelta della rappresentazione dei dettagli, caratteristica questa, in comune con l’idea di architettura di Gellner. Un film su una storia sconosciuta ai più che merita senz’altro di essere riscoperta. Da vedere (anche se non siete architetti!).
Multisala Modena – Sala 2 – 02.05 – ore 21