Parte oggi, da Belfast, in Irlanda, la novantasettesima edizione del Giro d’Italia, oltre tremila chilometri da percorrere su strade che, come ogni anno, collegano il nord al sud della Penisola, raccontando, attraverso le sue tappe, la bellezza e la diversità del nostro Paese. In due o tre settimane si passa velocemente da regioni già baciate dall’estate, sole pieno e mare che corre parallelo alle ruote delle bici, ad altre che non sembrano ancora uscite dall’inverno, come successo lo scorso anno sulle Tre Cime di Lavaredo, che hanno visto i corridori arrivare sotto i fiocchi di una tempesta di neve.

Al Giro ci sono i corridori, appunto (favorito in questa edizione il colombiano Nairo Quintana, già maglia pois lo scorso anno al Tour de France), c’è l’enorme macchina dell’organizzazione, i quartier tappa, la sala stampa e i villaggi di partenza e arrivo da preparare, la carovana che anticipa la corsa e la squadra di giornalisti e inviati che seguono il Giro sulle orme dei nomi più celebri che li hanno anticipati, da Indro Montanelli a Dino Buzzati, da Vasco Pratolini a Gianni Brera, tutti affascinati dall’onda rosa. E ci sono decine di storie, epiche, romanzesche e di costume, che hanno aiutato a crearne la leggenda: il “Diavolo Rosso” Giovanni Gerbi e le vittorie di Girardengo, il primo Campionissimo; l’arrivo di Binda, talmente forte che un anno fu addirittura pagato per non gareggiare, e la storica rivalità tra Gino Bartali e l’”airone” Fausto Coppi, capace di infiammare l’Italia intera (su qualche muro, in case disperse sugli Appennini, è ancora possibile leggere, scritte a pennello, frasi di incitamento per l’uno o per l’altro); i risvolti “politici”, come lo storico arrivo a Trieste nel 1946; gli anni del cannibale Eddy Merckx e dei duelli Moser-Saronni; Gianni Bugno, capace di vestire la maglia rosa dalla prima all’ultima tappa, e lo spagnolo Miguel Indurain; la tragica epopea del “pirata” Marco Pantani, fino all’ultimo vincitore, Vincenzo Nibali, che ha esaltato gli appassionati come non capitava da anni.

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(Il Giro del passato – ph. pareto2080)

Sul Giro si sono scritti libri pieni di epica, girati film e composte canzoni, alcune note, dalla famosissima “Il Bandito e il Campione” di De Gregori, ai “francesi che si incazzano” per le vittorie di Bartali narrate da Conte, passando per “Tulipani” degli Offlaga Disco Pax, che racconta l’epica impresa dell’olandese Van der Velde, quasi assiderato in una leggendaria tappa sul Gavia nel 1988.

Il Giro, però, è soprattutto un grande viaggio in Italia, fatto a forza di gambe dal gruppo e con gli occhi di chi li osserva seduto a casa. È un viaggio che permette di conoscere luoghi mitici e di altri che invece vivono il loro quarto d’ora di gloria solo al passaggio della corsa rosa. È un modo di viaggiare, il Giro d’Italia. Lo si faccia davanti alla tv, ricordandosi di essere stati proprio lì, dove passa la corsa, come capita di sovente agli anziani che lo commentano, in una sorta di rito collettivo, di mondiale che si gioca di anno in anno, ai tavoli in plastica dello stesso bar, o a bordo strada per incitare il proprio beniamino. Di programmare viaggi in base alle sue tappe, per vedere i corridori sfrecciare in una Venezia fatta di ponti in legno, arrivare dentro l’Arena di Verona o provare fughe su pendenze proibitive sfidando giganti come lo Stelvio, il Pordoi o il Mortirolo. È un viaggio nei sapori, il Giro d’Italia. I piatti del sud, di pesce se si è sulla costa o di terra, se invece si arriva sulle colline, e poi, tappa dopo tappa, le specialità del centro, il pane senza sale della toscana e l’olio ligure e più su, fino alle montagne, con canederli e polenta, perché qui anche in estate non sempre fa così tanto caldo.

Anche questo è il Giro d’Italia, una continua scoperta, che invoglia a partire, fare le stesse tappe in macchina o in treno, farlo ora, subito, in maggio e nella bella stagione, per vedere gli stessi posti dove sono passati i corridori, scoprire i borghi degli appennini, riempirsi gli occhi di un’Italia fatta di spiagge e montagne, colline e pianure, laghi e torrenti, divisa tra un passato da ricordare e un futuro da costruire.

Paolo Bottiroli

la foto in copertina è di Etrusia UK pubblicata su licenza CC