Ci sono molti modi di viaggiare e ci sono mondi e culture da scoprire. Viaggiare mette alla prova e permette di entrare in contatto con ciò che non si conosce. Che siano città o borghi sconosciuti, lande desolate o paesaggi mozzafiato, ogni luogo vale un viaggio. Per chi avesse la voglia o la necessità di vivere un’esperienza unica e speciale, a stretto contatto con la natura, sicuramente una delle scelte migliori è imbarcarsi sulle crociere organizzate dall’Istituto Tethys.
Prima di tutto, qualche dettaglio su questa associazione no profit. Basato esclusivamente su raccolta fondi autonoma, l’Istituto Tethys conduce, fin dal 1986, ricerca scientifica finalizzata alla conservazione di balene e delfini, a livello internazionale. In particolare, vengono seguiti 2 progetti basati sulla formula “citizen science” (scienza fatta dai “cittadini”): i non-specialisti sono infatti un aiuto prezioso per i ricercatori sul campo e il loro supporto è essenziale. Un’opportunità unica per osservare balene e delfini nel loro ambiente naturale e contribuire, nel contempo, alla loro sopravvivenza e alla conservazione delle popolazioni. Ci siamo chiesti che tipo di viaggio sia, che tipo di contatto ci sia con un mondo che non ci appartiene (quello marino) ma che pensiamo invece di possedere come capita troppo spesso con luoghi lontani e “altri” da noi. Il miglior modo per conoscere questa realtà è stata una lunga chiacchierata con una delle ricercatrici che partecipa a queste crociere da anni e che ci ha raccontato la sua esperienza e trasmesso tutta la passione per partire.
Hai conosciuto l’Istituto Tethys durante l’Università e ormai sono anni che ti imbarchi con loro. Dove è la magia di questo viaggio o le insidie se ci sono?
Sì, ho conosciuto l’Istituto grazie a un mio compagno di università. I primi due anni sono stati di gavetta e poi anno dopo anno sono aumentate le responsabilità fino agli ultimi 3, in cui sono diventata Principal Investigator. Questo per me implica che di settimana in settimana gestisco le attività scientifiche e la logistica dei partecipanti a bordo. Ancora adesso dopo 7 anni ogni stagione imparo sempre cose nuove. Ogni volta torno a casa stremata, fisicamente e psicologicamente, ma penso che sia un’esperienza utile e straordinaria sia per chi lo fa da ricercatore che per chi viene come volontario. A chi vuole fare questo mestiere serve per capire da subito quali sono le difficoltà e capire se è in grado di affrontarle o meno: vivere in barca con altre 15 persone, condividere gli spazi, i tempi, il mal di mare…Per chi s’imbarca come turista, credo che sia un’esperienza importante per entrare in contatto con la natura e scoprire dinamiche e modi di vivere sostenibili che possono migliorare il mondo e che ognuno di noi può mettere in atto senza difficoltà.
Che esperienza è?
Intensa, stancante, emozionante, divertente, faticosa, formativa e direi illuminante…stare in barca in mezzo al mare stanca, tra il sole, le onde, il caldo, il fresco la sera, la fame e il mal di mare; starci con altre persone, a prescindere dai cetacei, crea relazioni molto intense, nel bene e nel male. Che queste persone siano sconosciuti, sempre nel bene e nel male, ti costringe ad aprire un attimo i tuoi orizzonti, entri in contatto con persone di altri paesi e altre culture, che sicuramente avranno qualcosa da insegnarti. Aggiungici ora il fatto che tra questi sconosciuti ci sono 4 ricercatori che studiano i cetacei…un’altra marea di cose da imparare e da scoprire. E ora mettici le balene e i delfini in sé…credo che chiunque a trovarsi a pochi metri da questi animali provi qualche emozione…c’è chi lo chiama un’esperienza mistica e pensa di comunicare telepaticamente con i delfini, chi vuole scoprire tutto di loro o chi semplicemente si rende conto che alcune cose del nostro quotidiano hanno un’importanza relativa…ad ogni modo credo sia un’esperienza che non passi inosservata!Per me personalmente è un esperienza a cui ormai non so rinunciare. Stare 4 settimane in mare completa quello che mi manca con il dottorato, è sia una vacanza che un coronamento del mio lavoro. E a parte il lato ‘egoistico’ che mi fa stare bene continuo comunque a voler credere di stare facendo qualcosa di buono, è una soddisfazione enorme pensare che i volontari (non tutti ma mi piace credere buona parte di essi) tornino a casa sapendo qualcosa di più, e che possano diffondere alcune sensibilità nella loro rete di conoscenze. E che questo chissà possa portare qualcosa di buono all’ambiente e agli animali.
A chi la consigli?
A tutti! Ho visto anche persone inizialmente molto in difficoltà dal non avere la connessione a internet o il telefono perennemente in rete che dopo un paio di giorni si sono sbloccate e ci hanno ringraziato di questa ‘disconnessione forzata’. Chiaramente ci vuole un po’ di interesse per la natura e per gli animali, o semplicemente un po’ di curiosità, ma nella mia esperienza ho visto gente di ogni tipo e età tornare a casa soddisfatta.
Può essere interpretata come un viaggio fuori dall’ordinario?
Direi di sì: si tratta di passare una settimana in barca con perfetti sconosciuti a “caccia” di cetacei, condividendo tutto e potenzialmente imparando un sacco di cose nuove. Non si può definire un’esperienza estrema però direi che unisce un sacco di aspetti non ordinari!
Non è da tutti certo, ma un viaggio come questo, neanche troppo lontano geograficamente, può portare lontano la mente.
Costanza Rinaldi
Per info: www.tethys.org