Il Cammino di Santiago è sempre un’esperienza intensa, e per quanto sia sempre uguale a se stesso, le emozioni che suscita in chi lo percorre sono sempre diverse. Diverse ma ugualmente profonde, uniche. Su NBM ne abbiamo già scritto più volte e ne abbiamo parlato alla radio, ma ogni volta ci lasciamo trasportare dall’emozione del racconto.
E mi ritrovo qui, a quasi 3 mesi dal mio ritorno a casa dopo il Cammino di Santiago a scrivere della mia avventura, delle mie emozioni, della mia esperienza. E mentre lo faccio non possono che scendermi le lacrime ripensando e rivivendo in un solo attimo tutti quei 39 giorni. Giorni unici nel vero senso della parola, dato che ogni giorno era un luogo nuovo, erano persone differenti, erano emozioni diverse.
Sono partita il 7 maggio. Dopo più di un anno di preparativi e sogni, finalmente il mio Cammino era iniziato, contro la volontà dei miei genitori (da sola? Fino là? A far che? Ecc.) e con solo i miei zii realmente consapevoli e felici per la mia partenza (l’anno prima lo avevano iniziato, sapevano quindi a cosa andavo incontro). Al mio papo l’arduo compito di accompagnarmi all’aeroporto di Tessera (Venezia) dove da lì, sarebbe partito il mio volo per Madrid. Era mattina presto e mi aspettava una lunga giornata! Atterrata a Madrid, il mio volo per Pamplona ha ritardato mezz’ora, ma è bastata a farmi perdere il primo bus utile per Saint-Jean-Pied-de-Port in Francia, così sono rimasta a girovagare per 4 ore all’interno della stazione dei bus, e qui ho visto altra gente in attesa come me, altre persone che presto sarebbero diventate compagne di viaggio. Appena arrivo entro in un negozio e compro la Conchiglia, simbolo del Pellegrino verso Santiago e che appesa alla mia “Mochilla”, attraverserà con me il confine francese e tutta la Spagna. Rientro in albergo, e dopo il disguido con l’ospitalera riguardo alle mie povere infradito, mi faccio la doccia e mi stendo a letto! Si dorme! Ahahahahaha dormire! Durante il Cammino? Assieme ad altre persone che russano in modo assurdo? No, non si può, ed è così che inizia il mio viaggio, dopo una bella notte insonne, passata a dare sberle in testa al mio vicino di letto per svegliarlo e far sì che smettesse di russare: ma è risultato totalmente inutile! Sono le 6.30 del mattino, si parte! Mi fermo subito a prendere una bottiglia d’acqua visto che la prima tappa Saint-Jean-Pied-de-Port-Roncisvalle è molto faticosa e tutta in salita. Poi brioche che dà la carica e via! Subito conosco Sandra, ragazza tedesca con la quale arriverò fino a Burgos, sempre insieme e senza mai separarsi! Comincia quindi il nostro cammino, lingua comune l’inglese per interagire, e subito ci troviamo bene assieme. Durante la nostra salita salveremo dalle grinfie della fame Marty, altra futura amica di Cammino proveniente dall’America.
La prima cosa che perdi durante il Cammino è l’idea spazio-tempo che fino ad allora ti aveva accompagnato. Il tempo passa in modo diverso, e le distanze non sono più le stesse. Se penso che ad un certo punto pensavo fossero le 5 del pomeriggio e invece erano solo le 10 della mattina, un po’ rende l’idea! Quasi non ci accorgiamo, ma Roncisvalle è lì davanti a noi e allora via! Arrivate ci accreditiamo subito, scarponi nell’apposito porta-scarpe e via nello stanzone! Pronte ad aprire lo zaino, preparare tutto il necessario, doccia e poi a mangiare! Ed è qui, mentre beviamo birra presso la locanda “La Posada” che inizierà a formarsi il “Nostro” gruppo del Cammino che arriverà fino a Santiago! Americani, tedeschi, irlandesi, io l’italiana, inglesi. Un mondo attorno ad un tavolo, tutti verso la stessa meta, tutti per motivi diversi, ma tutti assieme.
Era solo il primo giorno di cammino, ma già questo ci aveva legato, e questo legame diventa subito forte. La forza del cammino è anche questa. Le persone che incontri si legano a te, non serve un motivo, un perché, succede e basta, ed è fantastico.
Questo primo giorno di Cammino ti fa capire subito come sarà da lì in avanti. Cammini attraversando paesaggi fantastici, conosci persone da tutto il mondo, ti confronti e dialoghi con loro, ti metti alla prova ogni giorno, e devi rispondere al tuo corpo. Sì perché il cammino è ascoltare il proprio corpo e la propria mente, è un riscoprirsi da soli e insieme. Ho fatto parte di questa compagnia fino a Burgos, città fantastica e bellissima, e durante tutti quei chilometri chi prima chi dopo un po’ ci si perdeva di vista, chi per le vesciche, chi per le ginocchia, chi per altro; però poi ci ritrovava sempre, ed ogni volta era una festa. Bello vedere come gente che conosci appena, quando ti rivede sono subito baci e abbracci e raccontarsi i giorni passati. Cosa che invece non succede spesso durante la vita di tutti i giorni, al massimo un saluto e via, e neanche troppo spesso. Dopo Burgos era arrivato per me il tempo di separarmi, avevo tappe diverse dalle loro, volevo assaporare altri posti, e in modo naturale ci siamo separati, sapendo che ci saremmo comunque rivisti, e sapendo che ognuno sta facendo il proprio Cammino questo viene rispettato.
Arrivo a San Bol, e qui subito conosco Patrizia, “povera” pellegrina che al momento dell’accredito non trova la Credenziale! Momenti di panico e sconforto, ma poi tutto si risolve, e la Credenziale magicamente esce dallo zainetto! Non contenta, pure i telefoni non hanno campo, così le presto il mio per avvisare a casa! Sarà stato il destino forse che ha fatto di tutto perché entrassimo in contatto tra di noi? Ad ogni modo il giorno seguente sono ripartita verso la mia meta, Puente Fitero, e sarà proprio qui, mentre attendo l’apertura, che vedo Patty camminare, la saluto, le descrivo il posto, e la convinco a rimanere perché questo posto è particolare e speciale. Si fida di me, appoggia il proprio zaino in fila per riservarsi il posto e insieme attendiamo! Da qui inizierà la nostra amicizia e il nostro percorso insieme fino a Leon! A Puente Fitero, esperienza emozionante e fantastica,forse la migliore del Cammino per quanto riguarda gli albergues. Quella notte abbiamo dormito per terra, con Max (e la sua paranoia futura per la lavanda dei piedi) e il cartone giapponese, scontroso verso tutti i pellegrini che si dirigevano a Santiago e che gli auguravano “Buen Camino” (lui faceva il percorso contrario, immaginarsi quanti pellegrini incontrava!). Sta di fatto che dopo le risate per la gente che russava, ci siamo addormentati (grazie anche alla cena molto abbondante) e la mattina, aperti gli occhi, ti si apre davanti uno scenario fantastico, una tavolata a lume di candela, imbandita di ogni ben di Dio per la colazione!
Dopo aver mangiato, io e Patrizia abbiamo deciso di partire assieme! Avvisandoci reciprocamente che spesso ci saremmo fermate per fare foto! Eravamo già sulla stessa lunghezza d’onda! (arrivo a fine cammino con quasi 4700 foto!) E dopo due settimane di solo inglese, riprendo a parlare italiano! Le giornate del pellegrino sono tutte uguali, sveglia presto, sistemazione zaino, colazione, cammino, albergues, doccia, pranzo, dormire, visita città/paese, cena, sistemazione zaino, letto.. poche sono le varianti e di regola questo fa il pellegrino: cammina, mangia e dorme! Questa routine però non è monotona, proprio per il fatto che i posti che si attraversano sono sempre diversi, ogni sera dormi in un posto nuovo, ogni giorno incontri persone da tutto il mondo, ogni luce da un colore diverso alle cose, ed ogni emozione che riesci a vivere ti cambia dentro, ti rende migliore, ti da forza e ti lascia una luce negli occhi che gli altri possono vedere.
Con Patty da Burgos a Leon abbiamo passato momenti bellissimi assieme percorrendo le mesetas. Abbiamo vissuto appieno quei fantastici colori e quei paesaggi immensi che si aprivano davanti ai nostri occhi, abbiamo fatto la caccia al ramarro (ho vinto io e non ce n’è per nessuno), abbiamo avuto la curiosità per le case degli hobbit (gli hobbituary!), ci siamo conosciute in modo molto profondo, abbiamo creato un forte legame che vive tutt’ora, abbiamo pregato (e continuiamo a farlo) che Graziano vincesse ai Gratta & Vinci così da poter fare tutti i Cammini senza pensieri, abbiamo scattato foto, abbiamo scritto nei nostri diari di viaggio, insomma: siamo cresciute insieme. Abbiamo trascorso una settimana molto intensa, che ci ha permesso di volerci bene e scrivo qui con la speranza di rivederci al più presto! (se stavi a Firenze! Ma proprio a Milano dovevi abitare! Ahahaha)
La mattina sono ripartita da Leon, ho salutato con baci e abbracci Patty, e mi sono incamminata. Si ripartiva da sola questa volta, ma con me avevo già sulle spalle 3 settimane di emozioni e di Cammino, e tutto questo camminava con me: non sono MAI stata sola! Coincidenze o meno, ora eravamo solo io e il Cammino, io e i miei pensieri, io e la natura. Cosa volere di più? Mi alzavo la mattina, camminavo, guardavo, fotografavo, pensavo. Mi sentivo al centro del mondo, padrona di me stessa, e felice, finalmente felice. E pochi giorni mi separavano dalla Cruz de Hierro. Cosa avrei trovato arrivando li non lo sapevo, forse niente e forse tutto. Quella mattina, appena l’ho vista mi sono detta: “eccomi, sono arrivata fin qui!”. Ho fatto le foto di routine, ho posato il mio sasso, la preghiera, i sassi delle mie cugine e dei miei zii, e poi mi sono seduta nel prato a guardarla, a guardare le persone, a guardare i turisti, a guardare i pellegrini.
Dopo un po’ ho ripreso a camminare, e mentre camminavo mi rendevo conto di sentirmi leggera, libera. Non è facile da spiegare la sensazione che mi ha lasciato quel semplice gesto, ma sta di fatto che mi faceva star bene: stavo bene! Già durante il cammino avevo iniziato a riprendere possesso delle mie emozioni, del mio essere, e della mia vita, avevo ripreso il sorriso e lo stare bene, ma dopo la Cruz de Hierro, tutto era amplificato, potevo davvero urlare: STO BENE! Infatti, dopo essermi fermata a Manjarin, ho passato tutto il pomeriggio seduta ad osservare il paesaggio, i pellegrini che si fermavano, quelli che camminavano, quelli in bici. Ero assorta nei miei pensieri e felice di esserlo. Quella sera, prima di addormentarmi nella mansarda di questo rifugio di montagna senza corrente, ho avuto modo di parlare con un signore, non mi ricordo da dove venisse, però aveva sentito come me, il bisogno di arrivare fino alla Croce da solo, era un momento per entrambi molto forte e molto personale. Quella sera aveva avuto la necessità di raccontarmi tutto, la sua storia, i suoi perché, ha detto che non lo aveva mai fatto fino ad ora, e che in quel momento sentiva di doverlo fare, e mentre mi parlava, mi ringraziava per ascoltarlo, e per capirlo. É stato un momento molto intenso e carico di emozioni per entrambi, e forse anche questo ha permesso a tutti e due di confidarsi l’uno con l’altro nonostante non ci conoscessimo e forse mai più ci saremmo rivisti.
E’ di nuovo mattina e un’altra giornata sta per avere inizio. Più leggera di ieri, simbolicamente posare le pietre mi ha davvero tolto un peso, e così con il sorriso mi addentro tra i boschi e quel po’ di nebbia che rende unico il paesaggio. Nel mio cammino verso Santiago, che ormai è sempre più vicino, avrò modo di camminare con Tamizin (compagna di viaggio dalle prime tappe), con una coppia di signori spagnoli, con il mio caro amico coreano Hong, con un gruppo di ragazzi e ragazze italiani e molti altri! Cammina cammina, il giorno prima di arrivare a Santiago farò la tappa più lunga di sempre, 38 km, e mi fermerò a soli 5 km da Santiago, a Monte do Gozo.
(continua)
Corinna Maiutto
la foto in copertina è di Giovanni Riccardi pubblicata su licenza CC