“Lasciami qui
Lasciami stare
Lasciami così
Non dire una parola che
Non sia d’amore
Per me
Per la mia vita che
E’ tutto quello che ho
E’ tutto quello che io ho e non è ancora
Finita
Finita…”
Annarella, CCCP
Qualche tempo fa avevamo fatto visita ad uno scrittore, a Correggio. Paolo un giorno aveva buttato lì l’idea e alla prima occasione abbiamo organizzato. Di ritorno da quella giornata, in macchina, si era detto: la prossima volta andiamo da Fenoglio. Così una mattina, festiva solo per i milanesi, ci mettiamo in macchina in direzione di Alba. Decidiamo però di fare un giro più lungo, dopo esserci imbattuti casualmente nelle immagini che ritraggono questo piccolo borgo piemontese ormai abbandonato, ma con un grande passato: Leri Cavour.
A raccontarlo quasi non ci si crede, ma qui, uno degli statisti più importanti della storia d’Italia aveva la sua dimora di campagna, una grande tenuta – grangia – di molti ettari che era possedimento della famiglia Benso. Il conte Camillo in prima persona si occupava della gestione e delle linee direttive per il funzionamento dell’azienda agricola. In anni recenti proprio di fianco al borgo avrebbe dovuto sorgere una centrale nucleare dell’ENEL, che ovviamente non si fece mai dopo il risultato del referendum dell’87. La centrale riconvertita sorge a pochi passi, e in alcune strutture di Leri per un periodo hanno trovato posto gli uffici e alcune abitazioni dei dipendenti ENEL che lavoravano alla centrale. Finito l’impianto, tutto si è svuotato inerosabilmente.
Passato di mano dalla proprietà privata al comune di Trino per una cifra simbolica, si è cercato di restaurare e recuperare almeno la casa padronale. L’occasione buona sembrava poter essere il 150° dell’Unità d’Italia. Qualche timido finanziamento arrivò, qualche opera si fece, ma troppo poco per salvare questo borgo. Oggi giace, ancora, ferito e devastato dai vandali e dalle intemperie.
La grande casa padronale è aperta, e girare al suo interno tra soffitti affrescati e pavimenti in cotto divelti fa impressione. L’unica parvenza di vita sono resti di bottiglie e qualche nota di operai sul muro che conteggiano la percentuale di calce e di grassello. Residui di un cantiere iniziato e finito troppo presto. La struttura è davvero grande, con tutta una serie di fabbricati destinati alle attività agricole, legnaia, stalle, depositi. In uno di questi si possono ancora vedere le cassette che contengono i carotaggi effettuati nel terreno. Ogni tentativo di chiusura è stato violato sistematicamente, di integro non esiste quasi più nulla. Alcune strutture sono ancora puntellate, per evitare il crollo imminente. La chiesa in mattoni rossi è chiusa e inaccessibile, la scuola è totalmente murata e una targa rivela che almeno fino agli anni 60, il borgo era vivo e vissuto. Alle spalle della chiesa, la figura imponente della centrale Galileo Ferraris, con le sue forme inequivocabili.
E’ quasi ora di pranzo, andiamo via con una strana sensazione addosso. Ci dirigiamo verso Alba, attraversando campi e boschi filtrati dalla nebbia. Puntiamo verso Casale Monferrato per mangiare qualcosa, ascoltando un vecchio disco dei CSI dedicato proprio alla figura di Fenoglio.
Parcheggiamo nei pressi del centro in cerca di un posto dove mangiare, sicuri che qualunque sia il posto, mangeremo bene. Finiamo a mangiare risotto e tortini con fonduta, gnocchi al castelmagno e bonnet al cioccolato. Ripartiamo dopo la pausa con l’idea di tornare a Casale con più calma. Ma dobbiamo sbrigarci per raggiugere Alba, perchè è inverno e i cimiteri chiudono presto.
La prima cosa che ti colpisce appena scendi dall’auto è il profumo intenso di cioccolato nell’aria. Nocciole, gianduia, cacao, è un tripudio per l’olfatto che quasi stordisce. Entriamo nel cimitero e ci dirigiamo verso l’ala sinistra. Dopo pochi metri troviamo la tomba di famiglia: Beppe Fenoglio, partigiano e scrittore. Restiamo qualche minuto, io penso ai pomeriggi spesi a leggere La Malora, Una Questione Privata, Il Partigiano Johnny. Mi tornano in mente le parole salmodianti del concerto di Alba di qualche anno prima, quello che si sentiva in macchina mentre guidavo.
“Ma se venisse anche l’inferno
Il partigiano rimane là
Quando poi ferito cade
Non piangetelo dentro al cuore
Perché se libero un uomo muore
Non importa di morire.”
Guardali negli occhi, CSI
È ormai buio, usciamo e ci dirigiamo verso il centro. Tutto questo cacao nell’aria ha messo in moto meccanismi che non si possono ignorare. Il tempo di una cioccolata in un bar di quelli che trovi solo in piemonte e poi si torna casa.
Magari il prossimo giro sarà ancora in piemonte, a visitare Cesare Pavese.