Ieri, sulla pagina Facebook di Radio Deejay, Frank ha dedicato la terza puntata di Deejay On The Road, a Marco Deambrogio, scrittore, viaggiatore, e motociclista. Noi di NoBordersMagazine eravamo dietro le quinte per ascoltarlo e per tornare sulle nostre pagine a raccontarvi qualcosa in più di questo viaggiatore atipico.

Se quando sentite il connubio viaggiatore e motociclista pensate a un easy rider, dovrete ricredervi di fronte a Marco. Quando ha deciso di abbandonare la sua vita e il suo lavoro, Marco non era un esperto di moto, ma questo non gli ha impedito di scegliere la moto come mezzo di trasporto che l’avrebbe accompagnato per molti, moltissimi anni.

Il suo viaggio inizia oramai 17 anni fa e non si è ancora concluso. Più della moto è il motivo che lo ha spinto a partire, che ci ha affascinati. 15 anni in viaggio, ma perché?

Marco, viaggiatore solitario, racconta che il bisogno di viaggiare è nato per lui dal desiderio di dare una risposta più profonda ai grandi perché della vita e da un’altrettanto profonda insoddisfazione per la sua vita dell’epoca. La preparazione e i mezzi di trasporto erano e sono ancora secondari rispetto alla voglia di partire.

Così i viaggi sono iniziati: dal 1996 in Cambogia, passando per Amazzonia, Alaska, Polo Nord, Nuova Guinea e Australia, fino al viaggio in moto in solitaria intorno al mondo tra febbraio e ottobre 2001. Ma la moto non è stata il suo unico mezzo di trasporto. Dopo 10 anni in sella, Marco ha percorso il cammino di Santiago a piedi.

Più di ogni altro aspetto, è la curiosità che muove Marco, interessato a conoscere il mondo da vicino, da vicinissimo.

Incontrare Marco Deambrogio è un po’ come incontrare un personaggio di un romanzo, perchè è una persona che si è messa in viaggio e in gioco da tanto tempo. Questo bagaglio che lo accompagna, questo enorme zaino emozionale che si porta dietro con estrema leggerezza, fa sì che tutto diventi spunto di scambio e riflessione. Così gli abbiamo fatto qualche altra domanda, dopo la diretta.

NBM: Com’è cambiato il modo di viaggiare da quando sei partito tu la prima volta, all’ultimo tuo viaggio?

MD: Non vorrei dire ai miei tempi, ma un po’ mi tocca, perchè quando sono partito io per i miei primi viaggi nel 2000 facendo la Milano-Kabul e poi la Venezia-Pechino, e tutti quelli successivi li ho fatti tutti con le mappe e le cartine geografiche, perchè secondo me hanno un fascino particolare, perchè anche a distanza di anni, la ritiri fuori e magari la trovi sporca di fango e di terra e ti ricorda quei momenti che hai vissuto, cosa che un GPS non ti darà mai. Ed è questa la grande differenza che ho notato, chi viaggia  – negli ultimi anni – lo fa affidandosi al GPS, perchè comunque di facilità molto le cose, ti aiuta a trovare cose nei dintorni, come un albergo o un ristorante. Io penso che questa cosa rischi di diventare un po’ troppo invasiva, che le persone si concentrino troppo su questa cosa, perdendosi un po’ di fascino del viaggio, che a volte è anche dover cercare un posto dove stare andando a caso. Ma diamo tempo al tempo, magari tra un po’ si ritornerà al piacere di “sbattersi” un po’ di più ma avere la soddisfazione di essersi costruiti il viaggio con le proprie mani. A volte avere tutto l’itinerario prestabilito, con le distanze kilometriche impostate prima ancora di mettersi in viaggio mi sembra un po’ eccessivo, almeno per il mio modo di viaggiare, che non vuol dire sia migliore degli altri, sia chiaro. É che io non amo molto la tecnologia (e qui ci mostra il suo telefono cellulare, pre-smartphone! n.d.a.), non ho internet nemmeno a casa, lo uso una volta a settimana giusto per tenere i contatti e poi torno a vivere in campagna. Perchè ricordiamoci che comunque l’importante è muoversi. E quando ti ritrovi con la grande famiglia dei viaggiatori, è sempre una bella esperienza di condivisione.

NBM: E come sono stati i rapporti tra viaggiatori in questi anni?

MD: Diciamo che quando si incontrano due viaggiatori dall’altra parte del mondo è sempre fantastico. Sia che uno abbia 20 anno o 51 come ne ho io, perchè ci sono sempre molte cose da dirsi e da raccontarsi. Ho notato che a volte si passa troppo tempo dietro al fatto di voler fare una foto a tutti i costi, o una ripresa video, sì è troppo concentrati cercando di fermare un’emozione e finendo con il perdersi proprio quell’emozione. Anche se io ho fatto video per tanti anni durante i miei viaggi, inventadomi sistemi per riprendere in modo prima dell’arrivo delle go-pro per esempio. Era il modo in cui mi potevo finanziare i viaggi, era quindi importante per me. Solo che a volte sarebbe opportuno evitare di voler a tutti i costi portare a casa un ricordo tangibile, perchè nel momento in cui posi la telecamera, è in quel momento che avviene l’incontro dei cuori ed è quello che non si perderà mai, nonostante la diversità di ogni viaggiatore.

NBM: A proposito di incontri, quali sono stati quelli che ti sono rimasti dentro nel profondo in questi anni di viaggio?

MD: Di incontri dal punto di vista umano ce ne sono stati tantissimi. Uno che mi è rimasto particolarmente impresso è stato quando sono arrivato di notte dopo 21 giorni di viaggio, nel deserto del Kazakistan, durante il viaggio da Milano a Kabul, nel 2002. Sono arrivato praticamente senza benzina, non trovo da dormire, non trovo da mangiare, entro in questo villaggio che si chiama Baikonur e incontro questa vecchietta che ovviamente non parlava una parola d’inglese. Le faccio segno, a gesti, che ho fame e sonno. Ero esausto, non ce la facevo più a stare in moto, ero stanco e rischiavo di farmi male davvero se proprio per la stanchezza fossi caduto e mi fossi rotto qualcosa. Così questa vecchietta, con un turbante in testa, sembra alla fine capire i miei gesti del dormire, il mio gnam gnam, mi fa cenno di seguirla e mi ha ospitato a casa sua per tre giorni, in questo sperduto avamposto russo in terra kazaka, in realtà famoso per essere una stazione spaziale da cui partivano le missioni sovietiche e da cui partono tuttora quelle russe. Me la ricordo con tenerezza perchè mi accudiva come fossi un figlio. E questi sono sicuramente gli incontri più belli. E devo dire che in linea di massima ho sempre trovato una grande apertura, un grande amore per noi italiani. Soprattutto nelle aree della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, quando dicevo di essere italiano mi si aprivano tutte le porte. Io li ho sempre chiamati i miei angeli, queste persone che magari incontravo nei momenti  più difficili, quando pensi che non ce la fai, e invece saltava fuori un vecchietto o un ragazzino che ti portava a casa sua per darti da mangiare.

NBM: Un momento in cui invece ti sei sentito davvero in difficoltà e hai pensato di mollare tutto?

MD: L’altro giorno in metropolitana a Roma perchè non sono più abituato a vedere tanta gente tutta insieme (ride). Scherzi a parte, ovviamente di momenti difficili ce ne sono stati tanti, forse il peggiore è stato quando sono entrato a Kabul, perchè era stata rasa al suolo, vedevo per la prima volta gli effetti devastanti di una guerra dal vivo e non in TV. Ero da solo, non c’era nessun supporto, nessuna forza militare. Ho avuto davvero molta paura. C’erano carri armati che sfilavano di fianco a me e ho temuto davvero di non rivedere più la mia famiglia. La paura in realtà c’è sempre, in tutti questi grandi viaggi, una paura che ti tiene lucido e vigile.

NBM: Qual è il posto che ancora non hai visto ma che vorrai sicuramente visitare?

MD: Il posto c’è ed è anche abbastanza vicino. É un luogo in Europa che in qualche modo chiuderebbe anche un cerchio personale legato alla mia spiritualità, agli ultimi viaggi legati ai pellegrinaggi. É Mont Saint-Michel, in Francia. C’è una linea che collega l’abbazia francese a Gerusalemme e su questa linea hanno costruito la Sacra di San Michele in Piemonte e il Santuario di San Michele Arcangelo in Puglia, queste ultime due le ho visitate, a Gerusalemme ci sono stato, mi manca solo di andare in Francia.

Auguriamo a Marco di poter andare presto in Normandia e lo ringraziamo per le chiacchiere.

Se volete ripercorrere i viaggi di Marco, potete leggere alcuni dei libri che ha scritto negli anni per raccontare i suoi viaggi. L’ultimo, in ordine d’uscita, è Vivere d’avventura, il mio giro del mondo in moto.

la foto in copertina è di David Popa.