La puntata di ieri di Deejay On The Road condotta da Frank e in diretta sulla pagina Facebook di Radio Deejay, ci ha raccontato l’incontro di due persone sicuramente fuori dal comune: Folco Terzani e Michele Graglia. Due storie di vita molto diverse, con percorsi apparentemente inconciliabili che invece si sono incontrati in un racconto molto intenso.
Folco Terzani racconta la storia di un ragazzo che viveva tra New York e Miami, che girava il mondo ben pagato per fare il modello, che poteva togliersi qualsiasi sfizio, che andava alle feste piene di champagne e modelle, che godeva dell’apprezzamento delle popstar più famose al mondo, ma che un giorno si è reso conto di aver costruito una vita sul nulla.
Michele Graglia comincia così a correre, scegliendo forse la più difficile e massacrante delle discipline della corsa: l’ultramaratona. Centinaia di kilometri da percorrere nelle condizioni più estreme, dove il fisico raggiunge il suo limite e deve per forza di cose superarlo. Non solo partecipa, ma vince molte delle gare a cui partecipa. Ma non è quello che lo spinge nella corsa, Michele cerca se stesso, oltre la fatica e la sofferenza della sforzo fisico. Un continuo fronteggiare la propria forza di volontà, passo dopo passo, in cerca di una libertà estrema, in cerca della propria essenza.
Il libro si chiama “Ultra” e racconta la storia di questa ricerca interiore passando per la corse più dure e massacranti che si possano immaginare.
NBM: Folco, tu hai iniziato a viaggiare sin da bambino, e hai vissuto ovunque, e tu Michele hai viaggiato prima per lavoro in tutto il mondo e ora ti sposti per le ultramaratone, oggi cosa rappresenta il viaggio per voi, come lo vivete.
FT: Io sono nato praticamente in valigia! Sono andato dappertutto e ora per me il viaggio è qui. É tornare a casa, scoprire il viaggio qui, nel mio posto, dove sono cresciuto – in un certo senso – perchè alla fine tornavo sempre a quegli alberi, a quel prato, a quello che ora è il mio prato. In pratica adesso non viaggio quasi più, ed quella la nuova sfida. Penso che in questo momento, mentre tutto il mondo si sta sviluppando per diventare come noi, qui sta avvenendo il vero cambiamento ed è qui che mi interessa stare. Mi interessa molto di più stare in Italia che andare da un’altra parte.
MG: Per me l’esplorazione è interiore, e quello che ho scoperto durante le gare è che quando riesci a conneterti con la natura ritorni alla tua voce interiore, ed è un viaggio unico perchè riesci ad ascoltare la tua voce, le tue necessità, un ritorno al nostro vero io, ad essere un tutt’uno con il mondo. Ogni volta scopri qualcosa di nuovo su te stesso e sulla Natura che non è quella cattiva che a volte ci viene mostrata, ma in fondo è la nostra casa ed è quella cosa che ti può dare davvero coscienza.
NBM: Tu, Michele, che fai queste gare molto lunghe, in cui la componente di dolore e di sofferenza è una parte imprescindibile, dopo quanto tempo riesci in qualche modo a superare la soglia e a viverla consapevolmente.
MG: Per me il momento arriva tra gli 80 e i 120 kilometri, di solito. Poi sta a ognuno di noi imparare a gestire sensazioni e stati d’animo, perchè comunque è un viaggio emotivo, io lo vivo molto così. Tutto è legato alle mie motivazioni, al perchè lo sto facendo, a quello che voglio, perchè se non riesci a trovare un motivo forte abbastanza, non riuscirai mai a spingerti oltre. E credo sia questo uno dei grandi problemi nel perseguire i propri sogni, perchè tante volte si percorrono delle strade, ma ci sono sempre delle difficoltà e se non hai quella giusta forza ad andare avanti, finisce che ti arrendi. Ed è un quei momenti che devi capire qual è la forza che ti fa rialzare e andare avanti
NBM: Folco, voi sembrate due mondi molto distanti, poi invece andando un po’ più in profondità si capisce che ci sono molto cose che vi legano. Per esempio una sorta di ricerca interiore anche se nata da modalità differenti.
CT: Questa è stata una cosa straordinaria perchè benchè si arrivi da mondi così diversi, ci si ritrova praticamente su tutto! Significa che in qualche modo c’è una matrice di pensiero che ti unisce, non solo noi, ma anche molte delle persone che si incontrano andando in giro, un filone che sta crescendo, un sentire comune. Quello che mi ha affascinato di Michele, io che per molto tempo mi ero occupato di questioni spirituali come la storia delle suore in India o i Sadhu, ero molto concentrato sulla parte mentale quindi, e invece con Michele mi sono ritrovato a capire che poter migliorare la parte fisica portava a migliorare anche la propria mente. Un corpo forte in una mente forte, era qualcosa di possibile.
NBM: Ci sono pratiche come lo yoga, per esempio, che hanno una componente fisica molto forte.
FT: Esattamente, solo che io non lo conoscevo più di tanto. Questo incontro ha fatto sì che mi raccontasse che il suo più grande maestro era Bruce Lee, e io un po’ ci rimanevo, perchè la prima cosa che pensavo erano i film di combattimenti! Invece dietro c’era un fortissimo pensiero che lo rendeva diverso da tutti gli altri che praticavano le arti marziali. Il campione viene da qualcosa che gli altri non hanno, una motivazione più alta, che in fondo è la crescita personale. Una volta che riesci a capire questa cosa, è infinito il potenziale, perchè puoi fare questo sforzo per essere una persona più completa. Non si tratta più di vincere, diventa un vero percorso di vita.
NBM: Tu, Michele, quando fai una gara immagino vorrai vincerla, ma poi c’è dell’altro anche che ti spinge.
MG: Sì, quando partecipi a una gara c’è sempre il fatto di voler fare bene, e se arrivi primo sicuramente hai fatto bene, però per me l’Ultra è iniziata come un viaggio, come un’esperienza. Quello che ho notato è che più cerchi di intraprendere il viaggio per te stesso, e non per la competizione, più riesci a godere appieno dell’esperienza, e a dare il meglio di te stesso. Non devi più rispondere a delle influenze esterne, ma diventa totalmente un viaggio introspettivo, e quando riesci a trovare il tuo bilanciamento, la tua motivazione – come si diceva prima – tutto il resto non ti interessa. Non devi più dimostrare nulla. Io le prime gare le ho vinte, ma non sono mai partito con l’idea di dover vincere. Ho cercato di fare del mio meglio e i risultato è arrivato, ma è stata una cosa in più. Alla fine è un processo di scopertà di se stessi continuo, non puoi guardare gli altri, devi solo guardarti dentro. Non puoi seguire uno che prende e parte, perchè può schiantarsi subito dopo, devi solo guardare a te stesso, solo così puoi arrivare in fondo.
NBM: Mi sembra infatti che durante la tua prima gara le cose non siano andate bene…
MG: No infatti, alla mia primissima gara, che si svolgeva alle Keys Islands, in Florida, una striscia di terra tra l’Oceano e il Golfo del Messico, scenario tropicale, tra mangrovie e cocchi, io parto alle 6 del mattino e comincio la mia gara, un po’ mi sento bene, poi mi sento male, poi bene, e poi male e continuo a correre, ci sono continui alti e bassi ovviamente, finchè arrivo intorno ai 120km. Un tizio a bordo strada mi incita a correre e mi dice:” Dai dai che sei primo!” e io non ci pensavo proprio, ero lì per vivere la mia esperienza e basta. Doveva essere un momento di evasione e poi si è trasformato in ricerca, ed è stato questo il passaggio chiave. Poi però arrivato ai 140 km sono caduto e mi sono risvegliato in ambulanza, con tutta la mia famiglia intorno che piangeva e che mi implorava di non farlo più. Ovviamente, poi, da lì è nato tutto!
NBM: Vi chiedo un’ultima cosa, se c’è qualcosa del vostro girovagare, dei viaggi passati che vi portate ancora dietro.
FT: Diciamo che il viaggiare molto porta a non legarsi troppo alle cose, a non avere molto. Però poi ci sono delle cose anche piccole, come per esempio una ciotola che mi sono fatto nell giungla amazzonica di un frutto che c’è solo lì e che – come sa mia moglie – ci mangio ogni mattina e ci tengo particolarmente. Non vale nulla, ma non vorrei proprio che si rovinasse!
NBM: E tu Michele?
MG: Onestamente no. Sono cresciuto con l’attaccamento per le cose, ma ultimamente no. Non ho più nulla a cui tengo particolarmente, penso sempre: se lo perdo pazienza.
NBM: Nemmeno le scarpe per correre?
MG: Mah, se devo fare una corsa lunga ovviamente le scarpe aiutano, ma ho imparato soprattutto da Folco che c’è una connessione bella quando corri scalzo, per cui se non trovo le scarpe posso anche andare senza!
La prossima corsa – ci dicono – sarà tra Bologna e Fiesole, sugli Appennini della Via degli Dei. Buona corsa!
La foto in copertina è di David Marcu