Vancouver: ecco l’ultima tappa del viaggio di Paolo, Serena e della loro bimba attraverso il Canada.


Vancouver è una città a cui piace vincere facile.

Prendi una posizione naturale pazzesca, una penisola all’interno di una insenatura, dove l’acqua dell’oceano lambisce la foresta pluviale. Aggiungici le spiagge, le montagne appena fuori città (a mezz’ora da Vancouver si scia), un parco urbano più grande di Central Park e un clima particolarmente mite, a maggior ragione se confrontato con quello del resto del paese.

Con queste premesse non è difficile capire perché per molti, in Canada, Vancouver sia una sorta di terra promessa, un posto da visitare almeno una volta nella vita se non addirittura trasferircisi, a condizione di potersi permettere una casa, cosa non proprio scontata.

Siamo arrivati a Vancouver carichi di aspettative, un po’ per letture e curiosità nostre, un po’ per i tanti “sentito dire”, gli incontri con persone lungo il cammino e i loro entusiastici “You’ll love it, vi piacerà” riferiti alla meta finale del nostro viaggio. Alte aspettative comportano un rischio elevato di delusione, soprattutto arrivando da giorni non facili, con lo spettro della fine delle vacanze a soffiarci sul collo.

E invece Vancouver ha mantenuto tutte le promesse, anzi, ci ha regalato giorni indimenticabili, tanto da farci chiedere cosa sarebbe se: se ci lasciassimo sedurre fino in fondo dalle onde del Pacifico, se cambiassimo vita per un po’ e ci trasferissimo qui.

Time will tell.

Per non cadere in un eccesso di romanticismo partiamo da qualche elemento pratico.

Vancouver ha un ottimo sistema di trasporto pubblico urbano, con la punta di diamante dello Skytrain, la metropolitana che corre su binari sopraelevati. Però non possiamo darne testimonianza diretta, semplicemente perché non l’abbiamo mai usato. Vancouver, infatti, è anche una città perfetta da girare in auto. È policentrica, per cui richiede un mezzo di trasporto per muoversi da un quartiere all’altro. Si trova facilmente parcheggio, sia in strada che nei silos, a condizione di essere disposti a pagare cifre non troppo diverse da quelle richieste nel centro delle città italiane. Inoltre con Google Maps anche il sistema di tangenziali più complesso diventa percorribile. Così, non per scelta ma per necessità (una notte in un albergo decente di downtown non costava meno di 200 dollari, e con Airbnb le cose non sarebbero andate troppo meglio), abbiamo fatto ogni giorno i pendolari, dal nostro albergo a Queensborough, a 35 minuti circa dal centro. Sembra tanto, ma in realtà non lo abbiamo mai trovato faticoso.

Abbiamo scelto di tenere un ritmo molto rilassato e di non visitare musei, nemmeno il celebre acquario che pure a Elettra sarebbe piaciuto. Volevamo semplicemente respirare la città, esplorarla, viverla. E forse un po’ ci siamo riusciti.

Siamo partiti da downtown, dopo una puntata al St. Paul Hospital per un controllo sulla salute di Serena al costo di poco meno di 1000 dollari solo per la visita. Morale: MAI e poi MAI partire per Usa e Canada senza una buona assicurazione di viaggio.

Una passeggiata lungo Robson street e le vie limitrofe mostra il lato commerciale di Vancouver, dai negozi delle grandi catene internazionali alle firme più prestigiose, inframmezzati da alberghi e grattacieli scintillanti, come la Trump Tower (ahimè). Lungo le strade però ci sono anche molti senza tetto, spesso ragazzi molto giovani.

È un contrasto stridente, più americano che canadese. Sembra che sia soprattutto un fatto di clima (vivere all’addiaccio a Vancouver è meno estremo che nelle altre – gelide – città canadesi), ma è probabile che giochi anche la difficoltà di avere un tetto in città: i canadesi vogliono comprare casa qui e ci sono stati grandi investimenti speculativi dall’estero, così i prezzi degli immobili sono saliti alle stelle. Molti hanno ripiegato sull’affitto, e quindi anche quel mercato è esploso. Comunque basta affacciarsi sul mare, lungo la promenade attorno a Canada Place, con le sue vele bianche uno dei simboli di Vancouver, per capire cosa attrae qui tante persone: sulle acque del Burrard Inlet si specchiano i grattacieli, abbracciati da montagne coperte di conifere, mentre a sinistra lo sguardo è chiuso dalla penisola dove sorge Stanley Park. Proprio questo grande parco pubblico é una delle attrattive più affascinanti di Vancouver. Si tratta di più di 400 ettari di giardini e foreste, quasi interamente circondati dall’Oceano Pacifico e disseminati di spiagge. Il fronte mare di Stanley Park è percorso dal Sea Wall, uno spettacolare tracciato, ciclistico e pedonale, che corre a filo dell’acqua tutto attorno alla penisola e poi si congiunge con altri tratti creando un unico lungomare tra Canada Place e Kitsilano Beach. A Kitsilano e a Second Beach ci sono due grandi piscine riscaldate a bordo oceano, aperte tra maggio e settembre. Noi abbiamo scelto quella di Second Beach per un bagno tra i più emozionanti di sempre.

Passeggiare per una città significa anche intuirne le potenzialità, tentare di decifrarne lo stile. Vancouver non fa misteri: è libera, aperta al mare e non solo, sembra condurti quasi per mano verso un modo di vivere più umano, dove gli spazi urbani si integrano perfettamente nella natura. In questo scenario diventano credibili le storie di chi in inverno stacca dall’ufficio alle 5 pm giusto in tempo per un ultima discesa con lo snowboard, appena fuori città, o chi sfrutta al massimo le brevi estati per trasformare le spiagge e i boschi della città in un grande ufficio all’aperto.

Vancouver è una città grande ma non enorme (circa 600 mila abitanti che diventano 2,5 milioni includendo l’area urbana) ma racchiude un incredibile varietà di culture e stili di vita. La presenza orientale soprattutto è molto forte, così ne abbiamo approfittato per assaggiare un ramen quasi-come-a-Tokyo da Hokkaido Ramen Santouka, considerato uno dei migliori locali del genere in città, nel West End. Come dessert, niente di meglio di un Croissant Taiyaki da Snowy Village. È un dolce coreano a forma di pesce, servito caldo con diverse varietà di ripieno, dalle patate dolci, ai fagioli rossi fino al più occidentale cioccolato.

Ma il meglio di sé, culinariamente parlando, Vancouver lo dà a Granville Island, con il suo mercato coperto e i locali (ottimi quelli di fish and chips) e – soprattutto – nell’esperienza surreale del Richmond Night Market. Si trova a Richmond, a circa 30 minuti di auto dal centro di Vancouver (ci si arriva abbastanza agevolmente anche coi mezzi pubblici), in una sorta di grande spianata abbastanza desolata. Aperto da maggio a ottobre la sera nel weekend è un fortunato incrocio tra un mercato, un parco dei divertimenti e una trappola per turisti, con centinaia di stand che vendono di tutto, da improbabili copricapo e calzini a molto più interessanti specialità di street food. A noi è toccato dare il buon esempio a Elettra non esagerando con gli assaggi, ma questo non ci ha impedito di mettere sotto i denti un paio di rotatoes, patate a spirale fritte su stecco e insaporite con sale, spezie o formaggio in polvere, uno strano ma gustoso panino taiwanese e uno spiedino di pollo. Anche senza aver provato i cocktail fluorescenti serviti nei bicchieri illuminati a forma di lampadina, una serata da ricordare.

È impossibile raccogliere qui tutti gli spunti che Vancouver sa dare, ma – potete crederci – di questa città ci mancheranno anche i caffè. Per questo la salutiamo con un brewed coffee da urlo al negozio di Main Street di 49th Parallel, una torrefazione di caffè basata a Vancouver ma distribuita in tutto il paese.

È diverso da quello italiano, ma qui il caffè lo sanno fare molto bene, e anche questo, a suo modo, è un grosso problema.


Serena e Paolo sono una coppia di viaggiatori da sempre. Da quando è nata Elettra sono diventati un team in viaggio, esplorando in particolare il continente nordamericano. Direttore creativo (Serena), giornalista e storyteller (Paolo), lavorano fianco a fianco nell’agenzia creativa Spacenomore, con sede a Torino | sito web + facebook